Superata ampiamente la metà dell'anno diventa possibile fare il punto della situazione in merito alle richieste di uscita flessibile da parte dei lavoratori. In questo senso, il 2019 si presenta certamente come un anno ricco di spunti di riflessione, vista l'introduzione delle pensioni anticipate tramite quota 100 (disponibili a partire dai 62 anni di età e con almeno 38 anni di versamenti) e la contestuale proroga dell'opzione donna.
Complessivamente, le due misure hanno portato a totalizzare circa 240mila domande di prepensionamento, evidenziando però al contempo alcuni fenomeni peculiari rispetto alla platea dei richiedenti.
Pensioni anticipate tramite quota 100: si conferma il problema del gender gap
Per quanto concerne la quota 100 le domande registrate dall'Inps al 30 giugno del 2019 sono state circa 155mila. Di queste, circa 72mila risultano già perfezionate. Particolarmente interessanti sono gli spunti derivanti dall'analisi della platea dei beneficiari della misura. La quota più grande di richiedenti possiede infatti tra i 63 ed i 64 anni di età, mentre l'importo mensile medio è di circa 1800-1900 euro mensili lordi.
Da notare che continua a persistere il gender gap rilevato già con l'arrivo delle prime domande. In questo senso, le richieste in arrivo dalle donne rappresentano una piccola parte rispetto al totale complessivo. Questo si spiega anche con il rigido requisito contributivo in accesso (38 anni di contribuzione), che va a penalizzare chi ha avuto carriere discontinue o part time.
Per l'opzione donna raccolte 15mila richieste
Decisamente più esiguo è il numero di coloro che hanno ottenuto il pensionamento anticipato con l'opzione donna rispetto alla platea degli aderenti alla quota 100. Si parla infatti di circa 15mila lavoratrici che hanno potuto accedere all'Inps a partire dai 58 anni di età (un anno in più se lavoratrici autonome) e 35 anni di contribuzione (maturati al 31 dicembre del 2018).
In questo caso scende fortemente l'importo medio dell'assegno erogato dall'Inps, per via del ricalcolo interamente contributivo applicato alle richiedenti. Si passa così ad un emolumento mensile medio di circa 900 euro al mese. Cifre che scendono sino alle 700-800 euro per alcune Regioni del Sud Italia, come il Molise, la Calabria, la Campania e la Basilicata. Resta il fatto che al momento per molte lavoratrici l'opzione donna resta l'unica effettiva possibilità di pensionamento davanti a situazioni di disagio, come quando si terminano i sussidi di disoccupazione avendo perso il lavoro in età avanzata. Essendo molto difficile trovare un nuovo impiego in tali condizioni, l'opzione donna rappresenta in casi come questi l'unica strada percorribile per garantirsi un reddito.