La pensione rischia di diventare una chimera? Se lo stanno chiedendo molti giovani di oggi, che si trovano ad affrontare un mercato del lavoro sempre più precario e che dovranno fare fronte nel futuro ad assegni decisamente insufficienti per fare fronte al costo della vita. Le stime sindacali al riguardo, emerse durante un convegno organizzato a Roma dalla Cgil, hanno messo in evidenza tutta la drammaticità della situazione oltre all'urgenza di un intervento correttivo.

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In pensione a 73 anni e con 300 euro al mese

Per comprendere in modo concreto a cosa potrebbe portare per i lavoratori precari l'applicazione della legge Fornero e del sistema contributivo puro, basta seguire le proiezioni della Cgil. Secondo quest'ultima, un lavoratore che ha iniziato a lavorare a 24 anni con contratto part time nel 1996 (percependo circa 10mila euro l'anno e con un anno di fermo ogni tre di lavoro) arriverebbe a percepire l'assegno solo una volta raggiunti i 73 anni. Mentre una colf di 35 anni potrà uscire dal lavoro solo nel 2057, con un assegno di 265 euro al mese (ed avendo accumulato ben 43 anni di lavoro).

Pensioni flessibili: il problema delle regole di uscita con il contributivo

Il problema non è solo l'entità troppo bassa dei futuri assegni, questione sulla quale i sindacati hanno già da tempo proposto di intervenire realizzando una pensione di garanzia. La questione da evidenziare riguarda anche l'età di uscita dal lavoro, visto che assegni da 300 euro al mese non consentono a lavoratori che svolgono attività faticose o usuranti di accedere al pensionamento anticipato. Le regole introdotte con il contributivo e la riforma Fornero prevedono infatti la necessità di maturare per la pensione di vecchiaia un assegno di almeno 1,5 volte la minima Inps. Diversamente, si slitta ulteriormente a quelli che sono attualmente 71 anni di età (e che cresceranno in futuro fino a 73 anni in virtù dell'adeguamento all'aspettativa di vita).

Una serie di meccanismi che assieme hanno l'effetto perverso di andare a penalizzare proprio coloro che avrebbero maggiore necessità di tutela e che, al momento, si trovano davanti all'impossibilità di garantire versamenti continuativi e consistenti per l'età di vecchiaia.

Cigna (Cgil): 'Situazione da ribaltare'

A mettere in evidenza il paradosso della questione è quindi Ezio Cigna, esperto di welfare della Cgil. Il quale spiega che "la situazione dovrebbe essere ribaltata", visto che in tale sistema di regole un dirigente di banca può ottenere l'assegno a 64 anni con vent'anni di contribuzione, mentre un'addetta alle pulizie che lavora nello stesso istituto dovrà attendere i 68 anni di età nonostante una carriera quarantennale proprio in virtù dell'importo troppo basso del proprio assegno.