La vicenda che lega il nome del medico Severino Antinori ad un presunto espianto di ovuli ai danni di una infermiera non consenziente non si arresta. Lo specialista della fecondazione in vitro che nel 1994 donò la possibilità di diventare madre ad una donna di 63 anni, è stato coinvolto nei giorni scorsi in una vicenda dai risvolti inquietanti. Il medico con la propria équipe avrebbe infatti asportato degli ovuli ad una giovane donna originaria di Malaga in prova come infermiera presso la clinica privata Matris di Milano. Alla donna sarebbe inizialmente stata diagnosticata una cisti ovarica e, con tale pretesto, l'équipe di Antinori avrebbe provveduto ad immobilizzarla ed anestetizzarla procedendo quindi alla sottrazione degli ovuli.

Alla donna sarebbe stato quindi sottratto anche il cellulare, per evitare che al risveglio potesse chiedere soccorso; l'infermiera sarebbe comunque riuscita sul momento a contattare le forze dell'ordine avvalendosi di un telefono della clinica.

La successiva denuncia della donna e l'inchiesta che ne è seguita ha portato il gip di Milano agli arresti domiciliari per il noto ginecologo e all'interdizione nell'esercizio della professione per un anno; la clinica di via dei Gracchi a Milano sarebbe inoltre stata posta sotto sequestro.

Il ginecologo, accusato di rapina aggravata e lesioni personali aggravate, avrebbe quindi accusato un malore e sarebbe stato pertanto ricoverato al San Camillo di Roma città nella quale si trovava al momento dell'arresto.

Il medico avrebbe affermato che lo stress prodotto dalla vicenda avrebbe impattato fortemente sul cuore ragione per la quale sta assumendo dei farmaci che lo aiutano a tenere la situazione sotto controllo.

Dal canto suo, nel merito dell'accusa, continua a dichiarare la propria innocenza definendo il procedimento nei suoi confronti "una persecuzione".

Antinori ha aggiunto di non aver mai fatto niente di illecito o illegale, di non avere mai avuto ragione di "rubare" ovuli né tanto meno avrebbe avuto, aggiunge, ragione di forzare qualcuno. Il medico dichiara inoltre di avere sempre agito per fare il bene e ritiene il provvedimento nei suoi confronti ingiusto.