Un eroe degli oppressi? Un tiranno? Un sanguinario dittatore come l'America latina ne ha conosciuti tanti? O un leader carismatico senza rivali nel momento della conquista del consenso? Hugo Rafael Chavez di sé ripeteva con fierezza "sono un soldato". E quella, alla fine, è stata l'identità che ha rivendicato fino all'ultimo.
Nato sotto il segno del feroce leone, il 28 luglio 1954, sangue indio e multirazziale nelle vene, figlio di due maestri elementari proletari della provincia profonda, denominata los llanos, una pianura quasi deserta tra la smisurata cordigliera delle Ande e le valli caldissime ed affascinanti del fiume Orinoco.
La sua evoluzione personale è avvenuta attraverso la carriera militare, piena di studi da autodidatta negli anni in caserma: gli eroi dell'indipendenza e il mito del simbolo sudamericano Simon Bolivar, "el libertador. Dopo la fuga dalle campagne e l'approdo nella capitale Caracas. Tenente colonnello molto amato dai giovanissimi soldati dell'armata, nell'anno di grazia 1992 si mette capo di un tentativo di golpe contro il governo del presidente Carlos Andres Perez, zeppo di corruzione. Chàvez l'ha sempre definita "insurrezione militare", ma tecnicamente era un golpe. Fatto sta il tentativo che fallì in poche ore. Chavez chiese ed ottenne di poter fare una dichiarazione in tv. Si prese la responsabilità dell'accaduto, rivendicò dinanzi al popolo le ragioni per abbattere quel governo e pronunciò il famoso motto "por ahora".
Disse: abbiamo perso, per ora. Una promessa mantenuta.
Ha avuto il merito di creare una nuova classe dirigente, ha usato il petrolio come arma di politica internazionale e ha occupato tutti i posti di potere dello Stato sudamericano, utilizzando soprattutto i militari, gli unici di cui si realmente si fidava. La sua abilità fondamentale è stata la capacità di provocare l'avversario per poi annientarlo, il suo principale talento la capacità innata di usare la televisione.
Molto amato e molto odiato nel mondo, personaggio per molti versi sfuggente.
Diceva di lui i primi tempi Rangel, ex alleato politico e esponente di spicco della sinistra classica venezuelana: "E' un errore demonizzare Chavez, così come sarebbe un errore santificarlo. Se non fosse comparso lui, ce ne sarebbe stato un altro. Fortunatamente con lui abbiamo modo di trasformare il Venezuela pacificamente senza lotte intestine. Per come eravamo ridotti, avremmo potuto avere un Pinochet".