Fantapolitica? Pare proprio di no. E neanche c’entra il patto del Nazareno, ma qualcosa di molto di più, il cosiddetto partito della Nazione: un accordo nazionale che punta alle prossime elezioni politiche. Non il partito della Nazione in chiave "lepenista", ma un movimento costituito da frange più moderate di destra e sinistra, che bypassano gli estremismi e contengono al M5S il primato politico italiano, costituito da Forza Italia, PD e liste di centro.
Non si tratta di fantascienza, ma di voci che circolano dall'inizio di questa campagna elettorale romana e che non si placano, soprattutto a margine della spaccatura interna al centrodestra.
Dietrologie non prive di fondamento: chi perde vince
Questo il retroscena delle elezioni romane, come si subodorava da tempo. Secondo la "vulgata" si limitava al fatto che Berlusconi avrebbe puntato su Bertolaso - una candidatura debole - per far vincere le elezioni a Giachetti, il candidato vicino all'attuale presidente del consiglio, Matteo Renzi. Quindi per non dare troppo fastidio a Renzi e alle sue beghe.
La verità, sempre secondo queste ipotesi non prive di fondamento, vista la situazione romana, è che invece si potrebbe lasciar vincere la candidata sindaco del M5S Virginia Raggi, che non avrebbe alcun ostacolo al ballottaggio contro un esponente del PD, dopo la disastrosa gestione Marino. Ma è probabile che un partito come quello di Beppe Grillo non superi un anno di amministrazione a Roma, città per definizione ingovernabile.
Il M5S riuscirà a gestire Roma o farà la fine di Ignazio Marino?
Di fronte a queste voci nessuno dei candidati - tranne quelli con pochi punti percentuale - pensa più alla città ma alla prossima struttura partitica e quindi a come posizionarsi di conseguenza: faranno parte del cosiddetto partitone di centro, in linea con le politiche europee, o sarà meglio far parte degli euro contestatori di destra e di sinistra?
Forse è questo il problema della prossima tornata elettorale romana: ossia di non essere romana. In effetti, è più allettante entrare in parlamento che in comune, su questo c'è poco da ridire. Poco senso ha quindi parlare di apparentamento - come quello paventato tra Marchini e Bertolaso - se l'obiettivo non è la poltrona di primo cittadino, ma ben altro.