Lo scenario politico europeo, da un anno a questa parte, con la Brexit e in vista delle politiche 2017 in Francia e Germania e del referendum in Italia, risulta rivoluzionato e ancora più incerto di quello economico. Riassumiamo le questioni partendo dalla politica del Regno Unito, prima della Brexit.
Londra pre-brexit
A Londra stava bene un Euro forte e la conseguente penalizzazione delle esportazioni di Eurozona; gli andava benissimo un’economia europea complessivamente in difficoltà, chiudendo gli occhi sul surplus commerciale di quella tedesca, perché basato soprattutto sulla produzione e l’esportazione di automobili, cioè un segmento che UK ha abbandonato da tempo.
La politica britannica, sostanzialmente non contrastava con quella tedesca e anche la Francia la accettava in cambio che si chiudessero tutti e due gli occhi sul suo mancato rispetto dei parametri di Maastricht. L’Italia era impegnata far quadrare i conti e a uscire dalla recessione, quindi, non poteva opporsi.
L'errore di Angela
A questo punto, il cancelliere Merkel fa un errore clamoroso: la politica migratoria. Accogliendo 1 ml.ne di profughi sul suo territorio ha destabilizzato il quadro politico tedesco e quello di tutti i paesi dell’est europeo, Austria compresa, cioè proprio quelli che maggiormente dipendevano dall’economia tedesca.
Perché?
E’ evidente, sulla questione, lo zampino degli USA. Nelle more della riconsegna di tutta la Siria ad Assad, infatti, Obama ha interesse che gli oppositori al regime possano almeno rifugiarsi in Europa. Probabilmente, in cambio di concessioni sul TTIP che non ci è dato conoscere, Merkel ha accettato. Ciò, però, ha determinato la crescita esponenziale dei partiti nazionalisti e anti UE in tutta Europa, e probabilmente, le negherà l’ulteriore riconferma, alle politiche 2017. Inoltre, il problema migranti ha fatto pendere il piatto della bilancia a favore della Brexit, con conseguenze rivoluzionarie.
Hollande, prima velleitario poi remissivo
Con la Brexit c’è stato un risveglio di Hollande che ha vagheggiato una leadership della Francia sul piano della difesa europea comune e, a Ventotene, ha trovato l’appoggio dell’italiano Renzi, premier di un paese uscito dalla recessione ma che ancora stenta a crescere proprio per i vincoli del fiscal compact.
Renzi ha puntato su Hollande per farsi tirare la volata sulla flessibilità ma tale scenario è durato lo spazio di pochissime settimane. A Bratislava, pur senza l’appoggio britannico, la Merkel ha proseguito nella sua politica monetaria e Hollande si è nuovamente accodato.
Renzi allo scoperto
A questo punto, Matteo Renzi, in cerca di consensi elettorali, in vista del referendum costituzionale, è stato costretto a uscire allo scoperto e ha sparato a zero sui due argomenti per i quali Merkel presta il fianco agli attacchi della destra liberista e xenofoba: politica economica e questione migranti. Poi è andato a rivangare il fatto che la Germania contravviene da anni alle regole concernenti il surplus commerciale; infine, ha alzato la posta, come un consumato pokerista: "Il 18 ottobre, due giorni prima del vertice di Bruxelles, vedrò Obama e avrò la sua sponda".
A Bruxelles, infatti, i capi di governo europei si riuniranno per discutere del negoziato per il TTIP in corso con gli Stati Uniti.
Renzi, insomma, ha fatto capire che, qualora si ritenga di non accordare all’Italia ulteriore flessibilità è pronto a rompere le uova nel paniere alla Germania, proprio nelle questioni (migranti e TTIP) che stanno a cuore all’unica nazione che può mettere paura a Berlino: gli Stati Uniti.
Non sappiamo quali potranno essere gli esiti del bluff del “fiorentino”. Ci sembra evidente, però che il ruolo europeo della Francia è ormai congelato sino alle prossime elezioni; che la Germania, pur fortissima, è completamente isolata e che l’errore di Merkel sul problema migranti sta determinando la sua clamorosa uscita di scena, nonostante una azzeccatissima real-politik, per quanto riguarda tutto il resto.