Lo Stato Islamico esiste. Non sulla carta perché nasce da un’occupazione forzata di territori che appartengono a Siria ed Iraq, ma di fatto la presenza di miliziani del Califfato in Medio Oriente è ancora sensibile. Tuttavia si tratta di un sedicente Stato in crisi: dal gennaio dell’anno scorso, quando aveva raggiunto la massima espansione, l’Isis ha perso quasi il 30 per cento dei territori occupati a causa delle frequenti sconfitte militari causate dalle avanzate delle varie coalizioni internazionali.
Se Russia e Stati Uniti avessero trovato un accordo tale da costituire un fronte comune, probabilmente, quella che molti hanno definito la minaccia per eccellenza di questo scorcio iniziale del XXI secolo sarebbe già vicina all’epilogo. Ad ogni modo, mentre gli idioti da social network continuano a sentirsi in guerra ogni volta che incrociano per strada una donna con l’hijab ed i cospirazionisti diffondono sospetti sulla sua vera origine, l’Isis esiste ancora e le sue principali roccaforti, siriane ed irachene, sono attrezzate ed armate per resistere a mesi di assedio. Solo che oggi, paradossalmente, quando si parla del Medio Oriente e lo si fa in maniera analitica e fondata, lo Stato Islamico è praticamente scomparso dai dibattiti.
Solo un elemento di disturbo?
Sui supporti economici e militari dell’Isis sono state formulate diverse ipotesi e quella più probabile porta direttamente alla penisola arabica ed agli stessi Paesi, Arabia Saudita e Qatar in testa, che di fatto hanno finanziato e sostenuto la ribellione anti-Assad in Siria. Da quando gli ‘uomini in nero’ hanno fatto la loro comparsa in Medio Oriente, però, sono cambiate diverse cose. L’ingresso diretto nel conflitto da parte della Russia ha rivitalizzato il governo di Damasco che sembrava vicino al tracollo; Recep Erdogan, invece, ha voluto dissipare accuse più o meno velate circa il possibile invio di armi, provenienti dai confini turchi, ai miliziani jihadisti.
Ankara è entrata direttamente nel conflitto e poco importa se il vero scopo è stato quello di porre un freno all’avanzata curda: la Turchia ha comunque attaccato e distrutto postazioni dello Stato Islamico. Oggi l’Isis viene visto da tutti i fronti come un elemento di disturbo, non ha più alcuna utilità nemmeno per presunti alleati che potevano sfruttarne l’avanzata allo scopo di indebolire eserciti e governi sciiti. L’occidente punta il dito sui presunti massacri di civili commessi da Damasco e Mosca le quali, più di ogni altra cosa, hanno l’interesse di chiudere vittoriosamente l’assedio di Aleppo. Se le principali potenze mondiali, allo stato attuale, hanno trasformato ‘la madre di tutte le guerre’ in una questione marginale, forse lo Stato Islamico non è più il nemico pubblico numero uno. Oppure, altro pensiero che sorge spontaneo, non lo è mai stato.