Ci sono guerre che si combattono da anni, dietro le quinte, senza mai scendere in campo aperto. Gli Stati Uniti ne hanno combattute centinaia, oltre alla lunga Guerra Fredda con l'URSS che ha caratterizzato quasi per intero la seconda metà del XX secolo. Quello contro l'Iran degli ayatollah è uno di questi conflitti indiretti, iniziato nel 1979, quando la rivoluzione islamica depose la monarchia dello Scià di Persia politicamente vicina a Washington. Fallito il tentativo di occupazione dell'Iran con il supporto al regime irakeno di Saddam (guerra Iran-Iraq tra il 1980 ed il 1988) che, come noto, è poi diventato un nemico giurato dell'America, è iniziata la politica di 'accerchiamento' strategico.

Le guerre contro l'Iraq e l'Afghanistan e, più recentemente, il supporto alla rivoluzione siriana contro il governo di Bashar al-Assad, rientrano in questa strategia. Inutile dire che, con gli anni, anche questi tentativi si sono rivelati fallimentari. L'Iraq di oggi è un Paese con un governo a maggioranza sciita, inevitabile pertanto il riavvicinamento con Teheran. Il piano destabilizzante per la Siria che è costato sei anni di lunga e sanguinosa guerra, ha infine lasciato al suo posto il governo di Damasco grazie anche all'intervento della Russia, dell'Iran e delle milizie Hezbollah. Queste ultime hanno resistito alla pressione israeliana in Libano che, oggi, è un Paese 'smarcato' dalla pressione sionista.

La mezzaluna sciita è più forte che mai, l'Iran è tutt'altro che isolato ed ha vinto la sua guerra strategica nei confronti di Washington. L'amministrazione Obama aveva compreso che era tempo di trovare un accordo ed il trattato sul nucleare del 2015 è stato un traguardo storico in tal senso.

Fuori dagli accordi, ma Washington resta isolata

Donald Trump ha deciso di stracciare gli accordi sul nucleare, almeno da parte americana, ma non è certamente tutta farina del suo sacco. L'attuale maggioranza repubblicana che sostiene il presidente trova i suoi punti di forza nelle tradizionali gerarchie militari di Washington ed in una crescente influenza di neoconservatori.

Entrambi hanno i loro portavoce, nel primo caso il personaggio di spicco è il Consigliere per la sicurezza nazionale, H.R. McMaster, mentre nel secondo ha un ruolo di grande rilievo l'ambasciatrice alle Nazioni Unite, Nikki Haley. Ma ciò che ne viene fuori è una strategia confusa e poco comprensibile, quando Trump ad esempio stila l'elenco di 'Stati canaglia' e butta dentro Iran, Corea del Nord, Siria, Cuba e Venezuela, un insieme confuso di vecchi nemici degli Stati Uniti in un immaginario asse che ha pochi collegamenti. Il reale obiettivo di questi 'spari nel mucchio' da parte dell'establishment di Washington è quello di colpire in qualche modo la Russia, il cui prestigio internazionale è in vistosa ascesa.

Trump in realtà non vedrebbe di cattivo occhio rapporti più distesi con Vladimir Putin, ma deve fare di necessità virtù. Rompere l'accordo con l'Iran aumenterà le tensioni, ma decidere per eventuali nuove sanzioni nei confronti di Teheran è una strada che difficilmente troverà il supporto dell'Unione Europea, del Regno Unito, della Russia e della Cina che vedono la repubblica islamica come un partner estremamente importante dal punto di vista commerciale. A conti fatti, agli Stati Uniti restano pochi alleati in tal senso, Israele ed un'ambigua Arabia Saudita il cui governo è stato accusato di supportare il terrorismo sunnita. Senza contare che, in questo modo, Donald Trump alimenta le ragioni della Corea del Nord di volersi dotare a tutti i costi di un arsenale nucleare, vista la facilità con cui i trattati vengono sottoscritti e disattesi.

Vittima dell'assoluta incompetenza politica, carente di lungimiranza, gonfio di retorica fine a sé stessa e circondato da pessimi consiglieri che non vogliono ammettere di aver perso la partita, il presidente degli Stati Uniti si limita a mostrare i ben noti muscoli delle sue forze armate. Oggi la Casa Bianca non solo alimenta una pericolosa crisi in estremo oriente e si rifiuta di accettare soluzioni diplomatiche che vadano oltre le sue rigide condizioni di 'aut... aut', ma è stata capace di riaprire un fronte di tensione sul versante opposto del continente asiatico che sembrava chiuso da oltre due anni. Dal dopoguerra ad oggi, l'America non è mai stata così politicamente alla deriva.