Dalla sera di Giovedì 18 dicembre, nei salotti dell'economia non si parla d'altro che del cosiddetto "Piano Juncker" da dove dovrebbero arrivare 315 miliardi di investimenti per l'eurozona.

La domanda che economisti e non si pongono è da dove potranno arrivare tutti questi soldi, partiamo dal fatto che non sarà l'Unione Europea a gestire direttamente questi fondi, ma sarà il fondo Efsi, 21 miliardi di capitale e l'auspicio di portare 315 miliardi di investimenti.

Per riuscire a mettere insieme tutti questi "soldi veri" esistono solamente tre possibilità:

- Finanziamento da parte degli stati membri

- Finanziamento tramite Bce

- Emissione di titoli di debito, i cosiddetti eurobond

La prima opzione, verrà sicuramente utilizzata, perché permetterebbe all'Efsi di aumentare la capacità di intervento e per la prima volta la Commissione europea farà si che questi fondi non verranno calcolati all'interno delle soglie del patto di stabilità europeo, il famoso 3%.

Tuttavia il problema non è solo il rispetto del patto di stabilità, ma è quello di reperire questi fondi a buon prezzo, perché basta pensare che l'Italia al momento finanzia il suo debito ad un costo superiore di circa 3 punti in più confronto a quello tedesco.

In questo caso per la Germania non sarebbe un problema finanziare il fondo perché anche avendo pochi progetti di sviluppo sul suolo tedesco non comporterebbero un costo alto visto il tasso basso di finanziamento, all'Italia invece potrebbero non tornare i conti nel caso di pochi progetti d'investimento perché si ritroverebbe a versare al fondo una cifra importante ma dovendo pagare un costo maggiore ai compratori dei titoli di stato. A questo punto sarebbe importante il ruolo del board finanziario che avrà la decisione sui progetti da attuare e che dovrà essere attenta a valutare le aree di investimento anche in base al costo del debito di ogni singolo stato.

Per aggirare l'ostacolo ecco la seconda possibilità che vedrebbe la Bce rastrellare i titoli di debito emessi direttamente per finanziare il fondo ad un tasso minimo, così da avere una condizione di partenza analoga per tutti gli stati evitando anche rischi di speculazione sul fondo di investimento.



La terza possibilità, è oggetto di dibattito ormai da anni, dove l'asse dei paesi del nord con a capo la Germania, sono contrari all'emissione degli eurobond che permetterebbe un finanziamento diretto del fondo da parte dell'Unione Europea ma pur sempre con un rischio di speculazione sul tasso di rendimento dello stesso.

Tuttavia la scelta migliore potrebbe essere quella di concedere al fondo la licenza bancaria, che consentirebbe all'Efsi di finanziarsi direttamente dalla BCE alle attuali condizioni di favore concesse alle banche commerciali; una richiesta molto simile fu fatta quando si costituì il Fondo di stabilità, ma venne bocciato dal Gruppo dei paesi del Nord guidati dalla Germania che non vuole perdere il pallino del gioco.