Qualche giorno fa si è presentata a un convegno organizzato dal Pd con il capo coperto da un turbante verde-azzurro, l'unico indizio del male che le sta attanagliando il polmone sinistro: se l'è annodato dietro la nuca, come le hanno insegnato a fare in Africa, negli anni dei suoi viaggi compiuti per combattere contro la pratica delle mutilazioni genitali. Ora Emma Bonino, prossima a spegnere 67 candeline, sta combattendo una battaglia che la riguarda in prima persona, quella contro il tumore.
Una parola, tumore, che non ha avuto paura di pronunciare lo scorso 12 gennaio quando dai microfoni di Radio Radicale ha raccontato dei problemi di salute che sta affrontando con coraggio e senso di realtà. "Avere fatto quella confessione mi ha aiutata. Molti malati mi hanno scritto: grazie, ha aiutato anche me", ha confidato la senatrice, commentando quello che lei stessa ha detto poco più di un mese fa, e cioè che "noi non siamo il nostro male", ma altro, molto altro. "Mi è costato pensare quelle parole, metterle in fila una dopo l'altra, mostrare una mia fragilità intima", confessa ai giornalisti di Repubblica che l'hanno incontrata nella sua casa romana.
Lei che ha avuto un'educazione sabauda ed è cresciuta con quel senso di riservatezza pienamente piemontese, un riserbo di vivere e scoprirsi profondissimo, ha infine vinto ogni reticenza e oggi dice "parlarne mi ha fatto bene". Sulle sue cure si mostra ottimista: "Sopporto la chemioterapia senza eccessivi disagi. Sono disciplinata. L'ordine dei dottori è di non perdere peso, ma sulle sigarette ho avuto una deroga". La 'bestiola', come lei chiama il suo tumore, non le fa paura: "sono ottimista. Ho avuto una vita fantastica", dice, "la cosa importante è saper provare, vivere, accettare e governare le emozioni, mai diventare indifferenti a ciò che ci attraversa o ci sfiora".
E anche adesso che potrebbe ripiegarsi su stessa e accartocciarsi sulle sofferenze, concedersi il gusto egoistico di rintanarsi a leccare le ferite e badare esclusivamente all'urgenza di allontanare il male, Emma non smette di guardare fuori, all'Europa, al mondo.
"Serve una politica rivolta al mondo musulmano del Mediterraneo allargato, l'Italia deve assumersi un ruolo di responsabilità, non solo in chiave antiterroristica o anti-immigrazione, ma a tutto campo", La sua passione è sempre la stessa, la devozione alla politica, nella sua accezione più alta e nobile, è indefessa, incorruttibile: "è stato doloroso rinunciare alla candidature come vicepresidente dell'ONU, ma saprò solo ad aprile o maggio cosa sarà di me". Al suo tumore, alla 'bestiola', Emma lancia una sfida frontale: "vedremo chi la spunterà, tra me e lui".