Per gli esperti e gli analisti finanziari spagnoli e non, sarà la grande sorpresa del 2015, con una vicina al 4 percento, oltre al 2,5 delle previsioni di inizio anno. Una decisa e definitiva uscita dalla terribile crisi, che ha fatto perdere alla Spagna più di 7 punti percentuali di Pil e il 16 percento di disoccupazione negli ultimi anni. Senza dimenticare il reddito per le fasce più povere della popolazione, calato del 13 percento dal 2007 al 2011.
Ma a ben vedere, la fenice iberica rischia di essere solo una figura mitologica e statistica, che un vero beneficio per i cittadini.
Un milioni di posti di lavoro dal 2014, ma aumentano i lavoratori poveri
La difficoltà e la fragilità della ripresa spagnola è stata analizzata dal “New York Times” che ha evidenziato i numeri della ripresa: più di un milione di posti di lavoro creati dal 2014. “Ma molti di questi - si legge – sono lavoro part time o contratti di pochi giorni”. Spesso sottopagati o non pagati per niente. In molti casi infatti, la disperazione per la disoccupazione ha vinto su tutto, e si è accettato di lavorare a condizioni poco vantaggiose.
“Prendono qualsiasi lavoro capiti” commenta il professor José Ignazio Conde-Ruiz, professore di economia all'università Complutense di Madrid. “Stanno crescendo i lavori a stipendio zero” aggiunge. Solo a Zaragoza, una città di 700 mila abitanti nel nord della Spagna, ci sono 25 mila famiglie che vivono con meno di 300 euro al mese. Anche per questo in molti credono che quanto si legge sui giornali e si sente nelle televisioni, altro non è che uno spot promozionale. “I politici sono completamente disconnessi dalla realtà” ha dichiarato un cittadino. Recentemente il primo ministro Mariano Rajoy ha parlato in termini entusiastici della ripresa spagnola, dicendo che “nessuno dovrà più parlare di disoccupazione”.
Attualmente la Spagna conta 5,5 milioni di disoccupati, di cui la metà è senza lavoro da più di dodici mesi. Molti sono troppo vecchi per essere ricollocati, oppure fanno parte del mondo edile, il settore più colpito dalla bolla immobiliare del 2008.
Gli incentivi rischiano di impoverire la casse pubbliche e non solo...
Molti di questi “nuovi lavori”, alla lunga rischiano di diventare controproducenti per i conti pubblici, perchè frutto solo di incentivi al ribasso da parte del governo: vengono sostituiti lavoratori più costosi con altri che lo sono meno. Con effetti lesivi del rapporto deficit-pil, che rischia di superare quota 5 percento, senza reali benefici per il tessuto sociale. I pochi fortunati che sono riusciti a tornare nel proprio posto di lavoro dopo esser licenziati a causa della crisi non gioiscono oltremodo.
Uno di questi è Redouane El Omari, che per vivere guida un muletto. “Guadagno il 35 percento in meno rispetto a prima. 169 euro a settimana anziché 186. Quando ho visto la mia paga non potevo credere ai miei occhi”. Secondo il sindacalista Daniel Alastuey (UGT) in Spagna si sta facendo largo una nuova categoria: quella del lavoratore povero, per cui la ripresa è solo di facciata.