Allerta terrorismo ed emergenza immigrazione piombano sul tavolo del Consiglio dei capi di Stato e di governo dell'Unione Europea. Dopo le contestazioni di diversi Paesi membri al piano di cooperazione con la Turchia per contenere l'enorme flusso di migranti verso l'Europa, un ulteriore allarme è arrivato da Ankara. La Germania ha deciso di chiudere la sua ambasciata nella capitale turca, oltre al consolato e alla scuola tedesca di Istanbul, a causa di una "minaccia non confermata" di imminente attentato terroristico.
"Abbiamo avuto indicazioni concrete di un possibile attacco alle nostre rappresentanze", ha detto il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier. Già in precedenza l'ambasciata tedesca ad Ankara aveva lanciato l'allarme su possibili nuovi attentati dopo quello del 13 marzo che ha provocato 37 vittime a una fermata degli autobus nel centro della capitale turca.
Juncker gela le aspettative turche
In questo clima di tensione, i leader riuniti a Bruxelles sono chiamati a prendere una decisione definitiva sul controverso piano per risolvere la crisi dei profughi. La Turchia chiede all'Europa 3 miliardi in più oltre ai 3 già previsti per gestire l'emergenza, la liberalizzazione dei visti d’ingresso per i cittadini turchi nell'Ue e l'accelerazione delle trattative per l’adesione di Ankara all'Unione.
Su quest'ultimo punto è arrivato il commento gelido del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker: "La Turchia non è pronta per l’Europa", ha detto in un'intervista all'Handelsblatt. Il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha spiegato che "c'è ancora molto da fare", mentre il premier italiano Matteo Renzi ha avvertito che "è giusto fare l’accordo, ma non a tutti i costi. Ci sono principi che sono per noi fondamentali, a partire dai diritti umani e dalla libertà di stampa", messi a repentaglio dal governo di Recep Tayyip Erdogan. Restano poi numerose incognite sugli aspetti legali, operativi e finanziari del piano comune Bruxelles-Ankara, dalla sovrapposizione tra leggi internazionali e dei singoli Paesi al rischio di un caos tra rimpatri a tappeto e ricollocamenti a cui si oppongono i Paesi dell’Est, su tutti l’Ungheria.
A ciò si aggiunge l’opposizione all’adesione della Turchia all’Ue da parte di Cipro, l’isola divisa dal conflitto congelato tra greci e turchi, almeno finché Ankara non riconoscerà la Repubblica di Nicosia.
L'Ue chiede di più all'Italia
Intanto Bruxelles ha sollecitato gli Stati membri a ricollocare almeno 20 mila richiedenti asilo da Italia e Grecia entro il 16 maggio. A Roma è stato chiesto di aumentare il numero dei centri per gli immigrati illegali, "estremamente limitati e al di sotto della soglia dichiarata nella roadmap" perché la situazione pone "serie sfide per la rapida attuazione delle operazioni di rimpatrio". Secondo l'Unhcr, l'agenzia dell'Onu per i rifugiati, sono oltre 1 milione i migranti che hanno raggiunto la Grecia dall'inizio del 2015 e potrebbero essere oltre 100 mila quelli che resteranno bloccati nel Paese ellenico entro aprile.
Un ulteriore problema riguarda gli sbarchi che stanno riprendendo dalle coste libiche verso l'Italia. Con l'arrivo della primavera e la chiusura della rotta balcanica, il rischio in mancanza di un accordo è quello di una catastrofe umanitaria.