“Un caso montato ad arte”. Dopo le polemiche, gli sfottò in rete e i tanti insulti per la vicenda della laurea inventata nella propria biografia, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli decide di rompere il riserbo, spiegare le sue ragioni e contrattaccare, indicando anche i mandanti di quello che reputa un vero e proprio caso di “macchina del fango”. Quindi fa nomi e cognomi: “Sono stati quelli del Family Day a tirare fuori questa vicenda – attacca la senatrice – mi odiano da quando ho espresso le mie posizioni, contrarie alle loro, su teoria del gender e diritti civili; non possono accettare che mi occupi di istruzione”.

In effetti il primo a diffondere la notizia della falsa laurea – in seguito ripresa da Dagospia – e a chiedere le dimissioni della Fedeli è stato Mario Adinolfi, fondatore del movimento “Il popolo della famiglia” e vicino alle posizioni dei cattolici più tradizionalisti.

La difesa della Fedeli

La neoministra riconosce di aver commesso una leggerezza nell’aver lasciato che comparisse l’espressione “diploma di laurea” sul suo sito e ribadisce di non aver voluto imbrogliare sul proprio titolo di studio. La dicitura “diploma di laurea” invece di un semplice “laurea”, sarebbe la prova della sua buona fede. Nel frattempo la parte incriminata sulla pagina web personale della ministra è stata modificata in modo da evitare ogni ambiguità.

La Fedeli racconta di avere parlato con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che le avrebbe riconfermato la piena fiducia per il suo incarico al governo. Ribadisce di non aver mai utilizzato quel titolo di assistente sociale – avendo svolto per anni solo l’attività di sindacalista – tanto da avere rinunciato alla possibilità di farlo equiparare a una laurea breve, sin dal 1987.

La storia del diploma

È la stessa Fedeli a raccontare la propria esperienza lavorativa: maestra d’asilo a Milano, decide di frequentare la Unsas, scuola laica per diventare assistente sociale, dove si diploma. Ma non seguirà quella strada: lavora al Comune di Milano, entrando al settimo livello e uscendone senza avanzamenti di carriera.

Poi l’attività di sindacalista per l’industria tessile. Ripete più volte, intervistata da Fiorenza Sarzanini per il Corriere ella Sera, di non aver avuto alcun beneficio per quel pezzo di carta. Pur comprendendo le polemiche, si dice sconcertata da tanta aggressività, subita soprattutto sul web.