Non è la prima volta che viene approntato un referendum costituzionale in Italia. Nel 2001 i cittadini andarono alle urne per approvare o meno la modifica di nove articoli della Costituzione contenuti nel Titolo V della Seconda parte e relativi all'ordinamento territoriale del Paese. La riforma puntava a creare le basi per la trasformazione dell'Italia in una Repubblica Federale. Andarono alle urne il 34,1 % degli aventi diritto la cui maggioranza (64,2 %) votò per la conferma della riforma. Fallì invece la seconda riforma proposta dall'esecutivo nel 2006, nella quale veniva prospettata la nascita vera e propria di una Repubblica Federale con un Senato demandato a rappresentare gli interessi delle comunità locali, la riduzione del numero dei parlamentari ed un sistema monocamerale per il ruolo legislativo.

Per certi versi, era abbastanza simile alla riforma Boschi. Nella circostanza votò il 52,5 % degli aventi diritto ed il NO vinse con oltre il 61 %.

I referendum del 1946 e 1989

Nel secondo dopoguerra si sono inoltre svolti altri due referendum non abrogativi che, pertanto, non necessitavano del raggiungimento di un quorum per essere validati. Il più importante della Storia del Paese è quello del 2 giugno 1946, in cui il popolo era chiamato a scegliere la forma istituzionale dello Stato tra monarchia e repubblica ed il 54,3 % si espresse per la repubblica. L'affluenza fu dell'89,1 %. Il 18 giugno 1989, inoltre, si è svolto un referendum di indirizzo relativo al conferimento del mandato costituente al Parlamento Europeo.

I cittadini erano chiamati a decidere sul procedimento di trasformazione della Comunità Europea in una effettiva Unione. La consultazione fu caratterizzata da un'alta affluenza (oltre l'80 %) e la vittoria degli "europeisti" fu netta, con oltre l'88 %. Il referendum sulla riforma Boschi è pertanto il quinto non abrogativo della Storia d'Italia, il 23esimo complessivo contando anche quelli abrogativi e sarà anche il 72esimo quesito sottoposto ai cittadini.