Gli Stati Uniti stanno per concludere un contratto miliardario con l’Arabia Saudita. Oggetto della compravendita le armi; il valore, oltre 100miliardi di dollari. Se l’affare andrà a buon fine – e non ci si aspetta esito diverso - le casse statunitensi si arricchiranno di oltre 300miliardi di dollari in 10 anni. La notizia trapela direttamente dalla Casa Bianca.
Fase finale di una serie di accordi commerciali
A divulgare la notizia, attraverso la Reuters, è un funzionario della Camera Ovale, il quale, per ovvie ragioni, ha chiesto di mantenere l’anonimato. “Siamo alle fasi finali di una serie di accordi” ha detto la fonte all’agenzia di stampa britannica. Le armi vendute dagli americani serviranno a rafforzare le capacità belliche del regno saudita, il quale si è impegnato con Trump, così come ha fatto con i suoi predecessori, a non interferire nel conflitto israelo-palestinese.
La politica statunitense nell’area del Medio Oriente è sempre stata quella di mantenere una stretta alleanza con Israele e nello stesso tempo stringere accordi commerciali - e di non interferenza nel conflitto tra lo stato ebraico e la Palestina - con i paesi arabi amici, come appunto l’Arabia Saudita.
La fase finale del contratto tra gli americani e i sauditi dovrebbe concludersi a breve, prima della visita ufficiale di Trump nel regno di sua maestà Salman Abd al-Aziz prevista il 19 maggio prossimo.
La commessa bellica miliardaria con i sauditi
Gli Stati Uniti sono i più grandi rifornitori di armi dell’Arabia Saudita. Tra le forniture belliche, vendute in questi ultimi anni, ci sono sistemi di comando e di controllo e jet da combattimento come l’F-15, per un valore di una decina di miliardi di dollari. Con la firma di questi ultimi accordi commerciali con il regno saudita, il presidente Trump mantiene la promessa fatta durante la campagna elettorale: stimolare l’economia interna statunitense incentivando il lavoro manifatturiero.
La commessa, infatti, include sia le armi che la manutenzione delle stesse, navi, difesa missilistica e sicurezza marittima. Come ha affermato il funzionario americano: “Sarà un impegno sostanziale... in molti modi è inteso a costruire le capacità (belliche) per le minacce che (i sauditi) devono affrontare” – e ha aggiunto – “É un ottimo affare per l’economia americana, ma è una cosa buona anche in termini di costruzione delle capacità (di difesa) che sono appropriate per le sfide della regione. Israele manterrà ancora un vantaggio”.
La visita di Trump a Riad
Mentre si troverà nella capitale saudita, Trump parteciperà a eventi importanti: una serie di incontri con i funzionari sauditi, una sessione separata con i leader delle sei nazioni che compongono il Consiglio di Cooperazione del Golfo e un pranzo con i leader arabi e musulmani, 56 dei quali sono stati invitati per discutere sulla lotta all’estremismo islamico e per dare un giro di vite ai finanziamenti illeciti che lo mantengono in vita.
Trump discuterà su come contrastare la minaccia dello Stato Islamico – ha detto il funzionario della Casa Bianca – ma anche sulla guerra nello Yemen e sulle minacce dei missili balistici e al trasporto marittimo nel Mar Rosso. Sono stati i comandanti della marina militare americana a sollevare il problema sulle minacce al trasporto marittimo nello stretto di Hormuz. I militari hanno accusato l’Iran di compromettere la navigazione internazionale “molestando” le navi da guerra che attraversano lo stretto. I leader degli stati del Golfo sono comunque molto ottimisti riguardo a Trump.
La maggior parte dell’agenda di Trump con i leader del Golfo Arabico verterà sulla guerra civile siriana, e soprattutto sulla costruzione della cosiddetta “de-escalation zones”, un luogo dove i rifugiati siriani possano sentirsi al sicuro. La prima visita all’estero del presidente americano proseguirà prima in Israele, poi in Vaticano e in seguito a Bruxelles per un incontro con i rappresentanti Nato e infine in Sicilia per il G7.