Dal 16 marzo, in Piemonte tutti i minori possono scegliere un pediatra che li segua fino all'adolescenza, anche se sono figli di stranieri senza permesso di soggiorno. La delibera approvata dalla Giunta Regionale è stata presentata dagli assessori alla Sanità, Antonio Saitta e ai Diritti, Monica Cerutti. E proprio Monica Cerutti, assessore del Piemonte ai Giovani, al Diritto allo Studio, alle Pari Opportunità e ai Diritti civili, ha spiegato che "Ogni minore che vive in Piemonte avrà diritto all'inserimento nel circuito del servizio sanitario regionale.

Come tutti i bambini nati sul nostro suolo avrà la possibilità di scegliere di affidarsi a un pediatra evitando così il sovraccarico ai servizi emergenziali, tipo il pronto soccorso, a cui era obbligato a rivolgersi fino ad ora".

Potrebbe sembrare un notizia data per scontato, visto che si tratta di una regola prevista nell'accordo trovato tra Stato e Regioni due anni fa - "Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l'asistenza sanitaria alla popolazione straniera." In realtà, anche se l'Italia ha ratificato la Convenzione internazionale sulla tutela dell'infanzia nel 1991, le Regioni si muovono lentamente nel tutelare la salute dei minori irregolari in modo trasparente e non discriminatorio.

La Lombardia, per esempio, si è mossa in questo senso lo scorso anno, occasione in cui la Società Italiana di Pediatria (SIP) si è espressa dicendo che "negare il pediatra di libera scelta ai bambini immigrati irregolari costituisce una decisione in contrasto con le principali norme nazionali e internazionali a tutela della salute del bambino e che rischia di avere anche ricadute negative in termini di efficienza sanitaria".

Alcuni prendono la notizia come un sollievo in quanto il Pronto Soccorso sarà più libero o perché si stima una riduzione della spesa sanitaria, ma per loro, i bambini che innocentemente vivono la loro Italia, si tratta di un importante passo verso l'inclusione sociale. Non bisogna dimenticare che questi piccoli, con o senza un permesso di soggiorno, parlano e studiano in italiano, ma soprattutto condividono la loro quotidianità con i ragazzi regolari o addirittura italiani, senza immaginare che nel mondo dei grandi esistono il razzismo e la discriminazione.