Il numero di persone che in Italia soffrono di una malattia rara è compreso fra 450.000 e 670.000: è questa la stima contenuta nella seconda edizione del Rapporto MonitoRare, presentato oggi 26 luglio a Montecitorio da Uniamo, Federazione italiana malattie rare Onlus, e realizzato con il supporto non condizionato di Assobiotec. Il fatto che il dato sia caratterizzato da una "forbice" così ampia è già da solo il chiaro sintomo di un problema: in Italia non è ancora possibile una stima precisa del numero di cittadini affetti da malattie rare, dal momento che la copertura dei registri regionali (e, conseguentemente, di quello nazionale) non è ancora ottimale.
In Italia facciamo un buon lavoro
Fortunatamente, non si può comunque dire che questo campo sia un altro tasto dolente per la sanità italiana, come ad esempio accade per i vaccini. Il nostro paese dimostra infatti una crescente attenzione alle malattie rare, come ad esempio testimoniato dall'aumento degli studi clinici autorizzati dai 117 del 2013 ai 160 del 2015. Ma ci sono altri elementi che inducono all'ottimismo, come ad esempio l'ottimo lavoro delle biobanche: le 11 strutture che fanno riferimento al al Telethon Network of Genetic Biobanks a fine settembre 2015 conservavano complessivamente quasi 106.000 campioni biologici, una netta crescita rispetto ai poco più di 78.000 campioni del 2012. In crescita anche il numero di farmaci orfani (medicinali potenzialmente utili per trattare una malattia rara) complessivamente disponibili in Italia: nel giro di quattro anni sono passati da 22 a 66.
Assistenza per i malati: tra eccellenze e carenze
Questo aumento di disponibilità ha ovviamente fatto aumentare sia le dosi consumate che il denaro speso per acquistare i farmaci orfani, che nel 2015 ha superato il tetto del miliardo di euro all'anno. Come dire che, pur essendo ancora lontani dal giro di affari relativo ad altre patologie, quello delle malattie rare sta diventando un mercato rilevante in ambito farmaceutico.
Purtroppo non ci sono soltanto elementi positivi nel rapporto, nel quale si sottolinea come non sia mai stato costituito il Comitato nazionale, che avrebbe dovuto sovraintendere allo sviluppo del piano nazionale per le malattie rare. Peraltro, il suddetto piano è in scadenza quest'anno ma al momento sembra non ci siano i presupposti per una nuova edizione. L'aspetto sul quale si deve però maggiormente lavorare è quello relativo all'assistenza ai pazienti.
Da questo punto di vista esistono infatti diseguaglianze notevoli tra le varie parti del territorio: ad esempio, a fronte di una media nazionale di 3,8 centri di assistenza per le malattie rare ogni milione di abitanti, la realtà parla di casi virtuosi come il Molise (12,8 centri), ma anche di situazioni da rivedere come in Sicilia (1,8 centri ogni milione di cittadini).
"Non bisogna dimenticare che dietro una malattia rara c'è sempre una persona: terapia della malattia e cura del malato sono per noi principi fondamentali", spiega il dottor Nicola Spinelli Casacchia, presidente Uniamo. "Ciò significa che dobbiamo superare l'idea della sola medicalizzazione della malattia e vedere prima di tutto la persona nei suoi bisogni sociali e di integrazione. Per questo, la priorità è aggiornare il Piano Nazionale Malattie Rare, con un giusto equilibrio tra azioni sanitarie e sociali".