Dopo la sentenza della Corte Europea dello scorso 8 settembre, la Suprema Corte di Cassazione si è adeguata e ha giudicato inapplicabili gli articoli della Legge ex Cirielli in materia di evasione dell'imposta sul valore aggiunto.
I termini della ex Cirielli
I reati tributari, come definito dalla Legge numero 251 del 5 dicembre 2015 (meglio nota come ex Cirielli), vanno in prescrizione dopo sei anni, allungabili di un anno e mezzo in alcuni casi di interruzione previsti dal codice.
Secondo la Corte Ue questi termini rischiano di non portare a sentenza i colpevoli, anche perché si genererebbe un mancato introito per le casse dello Stato e dell'Unione Europea stessa.
La decisione della Cassazione
La Terza sezione penale della Suprema ha, quindi, recepito la sentenza Ue e ha stabilito (il 18 settembre) che i processi in ambito di evasione Iva devono continuare anche dopo la prescrizione del reato. Potranno giungere a sentenza, dunque, tutti i processi che stavano per scadere, visto che spetterà al singolo giudice non considerare le prescrizioni definite in ambito di diritto interno e considerare quelle comunitarie.
Il ricorso della Corte di Appello di Milano
Subito dopo la decisione, la Corte di Appello di Milano ha presentato ricorso presso la Corte Costituzionale chiedendole di esprimersi in merito alla legittimità dell'articolo 2 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea. In base a questo articolo tutte le azioni di tutela dell'Ue dalle frodi devono essere coordinate dai singoli Stati in base ai termini definiti dall'Unione stessa. Secondo la Corte di Milano questo articolo va in contrasto con il 25 della Costituzione secondo cui "ognuno deve essere punito in base ad una legge entrata in vigore prima che sia stato commesso il fatto". Quindi, se la disapplicazione sancita prima dalla Corte Ue e poi dalla Cassazione venisse imposta, diversi imputati potrebbero essere condannati per dei reati commessi quando la legge gli garantiva la prescrizione dopo un determinato periodo.