Milioni di automobilisti ogni anno sono multati per infrazioni del codice della strada tramite gli strumenti di rilevazione della velocità, i famosi ed odiati Autovelox. Milioni sono i possessori di automobili che hanno problematiche relative al bollo auto, con cartelle di pagamento e ingiunzioni per problemi legati al mancato pagamento della tassa. Questi argomenti come sempre sono oggetto di perplessità e dubbi e spesso arrivano nelle aule dei tribunali proprio perché soggette a dubbia interpretazione. Alcune recenti sentenze della Cassazione creano un precedente e di fatto modificano l’applicazione della legge.

Ecco le novità e come si devono comportare adesso i contribuenti.

Multa ok, ma salvati i punti della patente

Con un ordinanza del 18 aprile scorso, la n° 9555 del 2018, la Corte di Cassazione ha affrontato la prassi della multa per autovelox con conseguente decurtazione dei punti sulla patente. Quando la violazione non può essere comminata immediatamente al trasgressore, tipico caso da autovelox o da passaggio con il rosso ad un semaforo, le Forze dell’Ordine mandano entro 90 giorni la multa a casa del proprietario del veicolo. Oltre alla multa la legge prevede la decurtazione di determinati punti sulla patente in base alla gravità dell’infrazione ed in base a cosa prevede il Codice della Strada.

Infatti con la multa che arriva a casa c’è l’invito a comunicare alla Forza dell’Ordine che ha colto l’infrazione il nome di chi conduceva l’auto, proprio per consentire di decurtare i punti sulla patente a chi davvero ha commesso l’infrazione. La mancata comunicazione del nome del conducente del veicolo provoca la cosiddetta seconda sanzione, con cifre che arrivano fino a 1.142 euro.

In questo caso i punti sulla patente sono salvaguardati, ma occorre pagare sia la prima che la seconda multa. Con la sentenza invece, cambia l’orientamento canonico dei giudici. Infatti nessuna seconda multa e nessuna seconda sanzione possono essere comminate a coloro i quali dichiarano di non ricordare chi effettivamente conduceva l’auto nel giorno e nell’ora della infrazione.

In pratica occorrerà rispondere all’invito a comunicare i dati del guidatore entro 60 giorni di tempo dichiarando che essendo l’auto utilizzata in maniera alterna da diversi soggetti e visto il tempo trascorso dall’infrazione all’arrivo della multa, non ci si ricorda chi guidava. In questo modo si pagherà solo la prima multa, salvaguardando i punti della patente ed evitando di pagare la sanzione per non avvenuta comunicazione del conducente.

Bollo auto a prescrizione triennale

L’Agenzia delle Entrate non può recuperare il bollo auto non pagato se dopo la notifica di accertamento non segue la tempestiva notifica della cartella di pagamento. Questo in estrema sintesi il risultato di un’altra sentenza della Corte di Cassazione, questa volta in relazione al bollo auto.

In pratica quando arriva una cartella di pagamento relativa alla tassa automobilistica occorre controllare quando è arrivata l’intimazione di pagamento precedente da parte dell’Agenzia. Se sono passati più di tre anni, il bollo evaso va in prescrizione e non va più pagato. Va in soffitta l’orientamento classico che parlava di bollo auto a prescrizione decennale. Il bollo auto si prescrive in 3 anni ed i termini decorrono dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui si sarebbe dovuto pagare il bollo e scadono il 31 dicembre del terzo anno. Tutto questo avviene perché anche se ci si trova dinnanzi ad una cartella esattoriale, la prescrizione dell’atto è quella del tributo o tassa evasa.

Infatti si sa che le cartelle di pagamento si prescrivono dopo 10 anni, ma il bollo come tassa automobilistica ha una scadenza di 3 anni. Pertanto, anche se arriva a casa una cartella esattoriale, se trattasi di bollo auto scadrà in 3 anni, così come per Imu, Tasi e così via, la scadenza è quinquennale.