Trump ancora al centro delle polemiche, con uno scandalo che riguarda il presunto sfruttamento della manodopera nell'azienda che produce la linea di abbigliamento e accessori della figlia, Ivanka Trump. Si tratta di una spinosa questione che giunge a distanza di pochissimi giorni dal Russiagate che ha coinvolto Jared Kushner, genero del presidente statunitense.

Manodopera cinese pagata meno del minimo salariale

Il China Labor Watch, un gruppo che si schiera in difesa dei diritti dei lavoratori cinesi, ha denunciato che nella fabbrica della provincia di Guangdong, che si occupa dell'assemblaggio delle scarpe della linea di accessori e abbigliamento della First Daughter d'America, la manodopera sarebbe pagata meno del salario minimo previsto dalla legge cinese, per non parlare del trattamento iniquo riservato alle donne.

I dipendenti, stando a quanto riportato da un altro gruppo attivista per i diritti civili dei lavoratori (il Fair Labor Association), sarebbero pagati un misero dollaro l'ora, per un monte di cinquantasette ore settimanali, esclusi gli straordinari che vengono richiesti in un numero variabile dalle quarantadue alle ottantadue ore alla settimana (il massimo consentito per legge è di trentasei). Qualora queste accuse fossero confermate, si tratterebbe di vero e proprio sfruttamento.

Un attivista trattenuto dalla polizia e il giallo dei due scomparsi

Il vero scandalo però, è emerso nei giorni scorsi, quando Hua Haifeng (un attivista di CLW) è stato trattenuto dalla polizia a Shenzhen (Cina), mentre cercava di raggiungere Hong Kong, con l'accusa di "investigazione illecita".

Altri due attivisti dello stesso gruppo che, come Haifeng stavano indagando sulla fabbrica del Huajian Group, attualmente risultano introvabili. Potrebbero essersi dati alla fuga, ma si sospetta che, siccome ora Donald Trump non è più solo un imprenditore, ma anche e soprattutto il presidente degli Stati Uniti, il discorso sia diventato più "politico" di quanto ci si potesse aspettare.

Di conseguenza, questi due attivisti potrebbero essere stati "fatti scomparire" (senza pensare al peggio, probabilmente dietro lauto pagamento), come ipotizza "The Guardian".

Detto ciò, bisogna ricordare che la fabbrica in questione non è di proprietà della Trump Organization, bensì del già citato Huajian Group, quindi lo scandalo coinvolgerebbe il tycoon statunitense in quanto bersaglio più semplice.

Del resto, risuona piuttosto strano come un presidente che promuove lo slogan "Make America Great Again" vada poi a produrre in Cina, dal momento che la stessa azienda lavora anche per Karl Lagerfeld, Coach, Kendall+Kylie (Kardashian, ndr), solo per citarne alcuni.

Trump, un cognome pesante da portare

A nulla è servita la decisione di Ivanka di cambiare, all'inizio dell'anno, il nome del proprio brand in Adrienne Vittadini per discostarsi da un cognome troppo pesante, visto che le polemiche e il presunto scandalo sono comunque emersi. Trump e le sue aziende sono già finiti nel mirino delle critiche per lo stesso motivo nei giorni scorsi, quando un nutrito gruppo di manifestanti ha marciato a Chicago contro McDonald's, accusando la multinazionale di trattare i suoi dipendenti come quelli delle aziende di Donald Trump.