Negli ultimi due giorni non si fa altro che parlare della clamorosa sentenza della cassazione, che si è espressa nei confronti della detenzione di Totò Riina, storico capo di Cosa Nostra, in carcere con regime di 41 Bis. La sentenza ha messo in evidenza le tragiche condizioni di salute del detenuto più famoso d'Italia, ormai 87enne e gravemente malato, specificando che lo stesso ha diritto ad una morte dignitosa. Tutto questo ha creato molti dissensi sia a livello politico che sociale, e uno su tutti quello del Procuratore Antimafia Franco Roberti, il quale si è detto completamente contrario al parere della Cassazione che aveva ipotizzato la possibile scarcerazione o comunque gli arresti domiciliari.

Il magistrato ha sottolineato che Riina deve rimanere in carcere sotto il regime del 41 bis ed essere curato rimanendo nella casa circondariale.

Totò Riina è ancora il capo di Cosa Nostra

Franco Roberti si dice fiducioso sulla decisione che apporterà il Tribunale di Bologna, perché secondo quanto da lui dichiarato, Totò Riina è ancora il capo di Cosa Nostra e per questa ragione rappresenta ancora adesso un pericolo attuale. A rafforzare la tesi del Procuratore Antimafia, sono le minacce indirizzate al Pubblico Ministero Nino Di Matteo, da parte del boss direttamente dal carcere. Secondo Roberti, il capo della mafia siciliana deve assolutamente rimanere sotto il regime del 41 bis ed essere curato in carcere, con ricoveri mirati in strutture cliniche in maniera altrettanto idonea.

Il Procuratore ha poi aggiunto che le condizioni di salute di Bernardo Provenzano erano addirittura peggiori di quelle di Totò Riina.

La decisione finale spetta al Tribunale di Bologna

Dopo la sentenza della Cassazione, la decisione finale rimane nelle mani del Tribunale di Bologna ed il Procuratore Antimafia si dice fiducioso, perché alla fine verranno confermate le ragioni della Procura, come è successo per Provenzano.

Roberti ha infine specificato che le condizioni di salute di un detenuto così pericoloso non bastano per giustificare una sua eventuale scarcerazione o detenzione domiciliare: "Non basta dire che siccome è malato allora bisogna portarlo da un' altra parte". Il magistrato ha inoltre puntualizzato che uno Stato di diritto si misura sulla capacità di far valere i diritti anche ai peggiori criminali, ma solo quando vengono messi realmente in discussione e secondo lui questo non è il caso specifico.

Non ci resta che attendere la decisione definitiva, con la quale si metterà un punto fermo su questa ingarbugliata vicenda giudiziaria che vede coinvolto il boss dei boss di Cosa Nostra.

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