Venti di guerra sulla penisola coreana. Non è una novità, questa guerra è stata combattuta centinaia di volte dal punto di vista virtuale. Ora però il rischio di una vera escalation militare è ai massimi livelli, possiamo ben dire che non è mai stato così alto. L'ultimo test missilistico del regime di Pyongyang potrebbe innescare una reazione a catena le cui conseguenze sono difficilmente ipotizzabili. La risposta statunitense è arrivata ed è certamente minacciosa: due bombardieri B-1B dell'aeronautica militare di Washington hanno infatti sorvolato la penisola coreana, la notizia è stata resa nota dallo stesso comando della Usaf (l'aeronautica militare USA, ndr).

I due velivoli sono partiti dalla base di Guam ed hanno volato a bassa quota sopra una base aerea sudcoreana, affiancati dai mezzi aerei di Corea del Sud e Giappone. Si tratta, nello specifico, di bombardieri strategici utilizzati per missioni di interdizione. Quanto accaduto è stato commentato con parole poco rassicuranti da Terrence J. O'Shaughnessy, comandante delle forze aeree del Pacifico. "Siamo pronti a rispondere rapidamente, in maniera letale, nel momento e nel luogo di nostra scelta. La Corea del Nord è una minaccia per la stabilità della regione".

USA, pesanti accuse a Cina e Russia

La nuova Guerra di Corea, ad oltre 60 anni di distanza dalla prima che si concluse senza vincitori, né vinti, potrebbe essere ad un passo.

Washington però mette la mani avanti e si dichiara "non responsabile" di un'eventuale escalation militare nella penisola. In proposito, le dichiarazioni del segretario di Stato, Rex Tillerson, sono durissime. In una nota pubblicata sul sito web del Dipartimento di Stato americano, Tillerson non usa mezzi termini nei confronti di Russia e Cina.

"Sono i principali collaboratori del programma nucleare e missilistico nordcoreano e, pertanto, la Cina e Russia hanno pesanti responsabilità per questa minaccia. Tutti i Paesi devono prendere posizione contro la Corea del Nord, in linea con quanto espresso dall'ONU. La Corea del Nord subirà le conseguenze delle sanzioni a causa dell'ambizione di possedere armi di distruzione di massa.

Gli Stati Uniti - ha concluso - sono sempre per una soluzione pacifica, ma non permetteranno alla Corea del Nord il possesso di armi nucleari". Contro la Cina si scaglia anche il presidente Donald Trump. "La Cina potrebbe risolvere facilmente il problema, ma non fa nulla contro la Corea del Nord. I nostri leader in passato hanno concesso ai cinesi di fare miliardi di dollari di investimenti. Ora non consentiremo più che questa situazione vada avanti".

Parere controcorrente

La situazione resta pertanto molto complessa, anche perché rischia di incrinare ulteriormente i rapporti tra gli Stati Uniti ed il rinnovato asse Mosca-Pechino. Relazioni che sembravano indirizzate ad una distensione dopo gli incontri tra i leader avvenuti al G20 di Amburgo.

In Russia, oltretutto, c'è chi pensa che la causa principale del comportamento aggressivo di Kim Jong-un sia "l'atteggiamento provocatorio" degli Stati Uniti. "L'accelerazione del programma di sviluppo nucleare da parte di Pyongyang è la diretta conseguenza del comportamento degli Stati Uniti - sostiene Igor Korotchenko, direttore della rivista 'Difesa Nazionale' - che minacciano la guerra e conducono esercitazioni militari vicino il confine nordocoreano". Intervistato dall'agenzia Ria Novosti, Korotchenko ha sottolineato che "le minacce di guerra da parte di Washington portano il leader della Corea del Nord a moltiplicare le risorse per un potenziale militare che possa difendere il suo Paese da ciò che lui considera una minaccia".

L'incognita cinese

Al di là delle pesanti accuse che giungono direttamente da Washington, c'è da chiedersi quale potrebbe essere l'atteggiamento della Cina nel caso in cui si arrivi davvero ad un conflitto. Tanto Pechino quanto Mosca faranno il possibile per evitare la pericolosa escalation ai propri confini, ma ad ogni modo, sebbene i rapporti tra Cina e Corea del Nord non siano più idilliaci come ai tempi di Mao e Kim Il-sung, l'esistenza del piccolo Stato comunista resta un fondamentale 'cuscinetto' che, visto con gli occhi di Pechino, protegge l'area dalla crescente egemonia statunitense, politica ed economica. L'area in questione, infatti, è caratterizzata dalla presenza di due grosse economie come quelle giapponese e sudcoreana, fedeli alleati di Washington.

In altre zone del Pacifico, nelle cosidette acque contese di Spratly, la Cina è attualmente in contrasto con altri Paesi per il controllo dei tanti isolotti ed atolli dell'area ed il recente passaggio di navi militari americane in un tratto di mare rivendicato da Pechino non ha certamente contribuito a migliorare le relazioni tra le due superpotenze. L'impressione è che alla Cina non dispiaccia l'atteggiamento provocatorio della Corea del Nord che tiene certamente in allarme gli Stati Uniti ed i Paesi alleati, ma Kim Jong-un è un leader difficile da gestire e non è un segreto che Pechino preferirebbe la sua sostituzione con una guida più filo-cinese. Se scoppiasse una guerra nella penisola coreana, la Cina dovrà decidere da che parte stare, se onorare il vecchio patto militare con Pyongyang che la obbliga ad intervenire nel caso in cui la Corea del Nord venga attaccata da un Paese straniero, o continuare a tenere un atteggiamento di ambigua neutralità.

La strategia, finora, è stata quella di proteggere il filo sottile che divide il 38° parallelo e rinviare la questione coreana sine die. Oggi, però, si gioca pericolosamente intorno a quel filo che potrebbe spezzarsi da un momento all'altro.