Gli ingredienti per un action-movie di discreta qualità ci sono tutti. Il samurai e lo sceriffo, con la katana sguainata e la pistola fumante, puntate contro il pericolo pubblico numero uno. Un capo della CIA che rilascia ventilate dichiarazioni sulla possibile ed improvvisa dipartita del dittatore, fonte di tutti i mali del mondo. Poi ci mettiamo anche un vecchio presidente che si propone per un'improbabile missione diplomatica. Eppure non è un film, si tratta 'semplicemente' degli ultimi accadimenti legati alla crisi coreana. Un unico obiettivo, due possibili soluzioni: Washington intende chiudere il cerchio attorno a Pyongyang, costringendo il regime a trattare in base alle sue condizioni.

La seconda soluzione è la più temuta: quella militare, per colpire la Corea del Nord e distruggere le basi missilistiche ed i siti dove avviene il processo di costruzione delle armi nucleari. Ma anche un attacco fulmineo non eviterebbe la reazione di Pyongyang ed il colpo di martello più forte cadrebbe sulla vicina Corea del Sud ed anche sul Giappone: sarebbe guerra, a due passi dal confine di Russia e Cina, senza contare l'imprevedibile reazione di quest'ultima. Pechino sostiene la soluzione pacifica e si è già espressa in merito ai venti di guerra: impedirà qualunque tentativo indirizzato al rovesciamento del regime di Kim Jong-un.

Trump: la mossa più 'audace' dai tempi della Guerra Fredda

Ed iniziamo ovviamente dallo sceriffo Donald Trump.

Parte dal Pentagono l'allerta per i bombardieri B52 perché si tengano pronti ad entrare in azione nel minor tempo possibile, anche nel giro di 24 ore. Un'ordine che non veniva diramato dai tempi della Guerra Fredda e che la dice lunga sulla tensione che si respira in estremo oriente. Iniziative del genere non erano state prospettate in Iraq, Afghanistan ed in tutti i conflitti che hanno visto impegnati gli Stati Uniti negli ultimi vent'anni.

"Siamo talmente pronti che non ci crederete. Sareste scioccati se sapeste quanto siamo pronti e quanto lo saremo se sarà necessario", ha detto spavaldamente il presidente degli Stati Uniti in un'intervista rilasciata a Fox News. Domald Trump ha inoltre aggiunto che "certamente sarebbe un bene non farlo, oggi però non possiamo sapere se questo accadrà".

Sibilino, ma non troppo: il falco Trump si prepara alla seconda guerra di Corea. In realtà sono parecchi mesi che il falco starnazza e non spicca il volo, ma senza la ferrea opposizione di Mosca e Pechino alla soluzione militare, con l'incognita di quest'ultima che non si capisce bene cosa potrebbe fare in caso di guerra, probabilmente avrebbe già optato per l'attacco. Ad oggi resta in piedi la proposta di Russia e Cina rivolta a Kim, di porre un freno ai piani di sviluppo nucleare ed ai test missilistici, e rivolta a Trump di allentare la pressione militare statunitense attorno alla pensiola. Soluzione che Nikki Haley, ambasciatrice USA alle Nazioni Unite, ha definito "offensiva per l'America".

Il samurai alza la voce

In Giappone, intanto, Shinzo Abe sembra proprio sul punto di determinare una svolta epocale nella Storia contemporanea del suo Paese. Il partito del premier, conservatore e nazionalista, ha stravinto le elezioni nell'arcipelago nipponico e si appresta a guidare una maggioranza bulgara nel parlamento di Tokyo. Il pugno duro sbandierato dal primo ministo in un Giappone che 'sente' tantissimo la minaccia nordcoreana, è stata la sua carta vincente. La gente ha paura della Corea del Nord, negli ultimi mesi ben due missili balistici di Pyongyang hanno violato lo spazio aereo nipponico. Così uno dei primi passi politici del rinnovato governo Abe sarà quello di riformare la Costituzione, abrogando l'Articolo 9 che determina la rinuncia alla guerra in ogni circostanza.

Per farlo, Abe convocherà un referendum popolare. La Costituzione attualmente in vigore in Giappone venne scritta nel 1947, praticamente sotto dettatura di Washington. Fu un ulteriore pegno che l'Impero del Sol Levante pagò agli Stati Uniti dopo la disastrosa sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, scandita anche da due bombardamenti nucleari. "Viviamo in tempi pericolosi - ha detto Abe durante la campagna elettorale - ed oggi al nostro Paese serve una Costituzione 'normale' ed un esercito che sia in grado di rispondere alle minacce, ma che possa anche supportare i nostri alleati in operazioni militari. Non possiamo più esitare davanti alla Corea del Nord che ci minaccia".

Carter e la missione diplomatica

Tornando agli Stati Uniti, non tutti ovviamente sostengono lo sceriffo Trump, men che meno tra i ranghi dell'opposizione democratica. Così c'è addirittura un decano della politica statunitense che si dichiara pronto ad un'eventuale missione diplomatica. Si tratta del 93enne Jimmy Carter, presidente degli Stati Uniti tra il 1977 ed il 1981. "Si, sarei disposto a recarmi a Pyongyang", ha detto l'ex presidente ai giornalisti di Fox News che gli hanno chiesto un parere sulla crisi coreana. Carter, dopo il periodo della presidenza, ha spesso fatto da mediatore in diversi conflitti internazionali, promuovendo campagne per il rispetto del diritti umani nel mondo tramite la sua fondazione, il 'Carter Center', motivo per cui nel 2002 è stato insignito del Nobel per la pace.

Per lui non sarebbe la prima missione diplomatica in Corea del Nord, dove si era recato nel 1994 per conto del presidente Bill Clinton ed aveva incontrato il vecchio leader Kim Il-sung, nonno dell'attuale dittatore, pochi mesi prima della sua morte. Jimmy Carter si è effettivamente proposto per un nuovo viaggio, ma ha ricevuto una risposta negativa in tal senso dal Consigliere per la sicurezza nazionale, H.R. McMaster.

Le minacce della CIA e la risposta russa

In ultimo, hanno destato parecchie perplessità le dichiarazioni del direttore della CIA, Mike Pompeo, relative alla crisi coreana ed al dittatore Kim Jong-un in particolare. Il dirigente della principale agenzia di intelligence statunitense, dopo aver spiegato che, in base alle informazioni in suo possesso, la Corea del Nord sarebbe prossima a mettere a punto l'arma in grado di colpire il territorio americano con una testata nucleare, ha anche puntualizzato ai giornalisti di non far domande del tipo "se Kim dovesse morire all'improvviso", specificando che "vista la storia della CIA, preferisco non parlarne.

Un incidente? Qualcuno penserebbe ad una coincidenza". Battuta o meno, a Pyongyang non hanno certamente riso, considerato che già nei mesi scorsi il regime aveva denunciato presunti tentativi di assassinarne il leader. Ma non c'è voglia di sorridere nemmeno a Mosca, dove il commento di Alexey Pushkov, presidente della commissione di politica d'informazione della camera alta del parlamento russo, è piuttosto amaro. "Certamente i leader non muoiono da un giorno all'altro - ha scritto in un tweet - e ritengo che Kim Jong-un sia stato 'marchiato' dalla CIA. Bisogna però vedere quanto sia realizzabile questa minaccia".