Da queste parti il 26 dicembre è un giorno importante. Siamo cresciuti con il desiderio di arrivare, ogni anno, in questa parte dell’anno. Vigilia di Natale e Natale. Ma perché si festeggia il giorno di Santo Stefano?

Tre giorni indimenticabili, ma sempre uguali, in fondo: 24, 25 e 26 dicembre sono un’occasione per stare a casa, vedere i parenti che non vedi di solito, mangiare fino a scoppiare, giocare a carte, guardare cartoni animati e vecchi film natalizi alla TV. Negli ultimi anni, anche inviare messaggini di auguri alla nostra lista di contatti Whatsapp, non solo per l'onomastico.

Ma il 26 dicembre, giorno in cui la Chiesa cattolica festeggia Santo Stefano, perché si festeggia? È forse il Santo più ‘importante’ dell’anno?

Chi era Stefano diventato Santo e perché si festeggia

Ce lo siamo chiesti tutti, almeno una volta nella vita. Almeno in Italia. Santo Stefano è stato il primo martire cristiano. Il giorno legato alla festività - e dunque il 26 dicembre, subito dopo il Natale – trova i suoi motivi nei “comites Christi”, vale a dire i seguaci di Gesù più vicini a lui durante la sua vita terrena, nonché i primi a renderne testimonianza attraverso il martirio. S. Stefano venne arrestato dopo la Pentecoste e morì lapidato perché accusato di blasfemia. L’Italia ha istituito il giorno della festività in onore del primo martire cristiano nel 1947.

S. Stefano non viene festeggiato solo in Italia. Il 26 dicembre è festa nazionale anche in Germania, Austria, Danimarca, Irlanda, Serbia, Croazia, Romania e Montenegro, e qui S. Stefano vi è anche patrono. Non solo una festa cattolica, ma anche festa di Paesi protestanti, dunque. Per la Chiesa ortodossa, invece, S. Stefano si festeggia il 27 dicembre.

Restando in Italia, sappiamo finalmente cosa succede il giorno seguente il Natale, perché si festeggia ed è ritenuto così importante. Per fare il punto, la Chiesa cattolica celebra il 26 dicembre come festa religiosa. Lo Stato italiano lo ha reso festivo per allungare le festività. Quando si dice “tra sacro e profano”, l’Italia non può mancare all’appello. O meglio, alla tradizione.