Tutto è cominciato quando la Commissione Europea ha espresso il suo completo disappunto, dichiarando "aiuto di Stato" l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi che avrebbe dovuto salvare le 4 banche commissariate: Banca Marche, Cari Ferrara, Banca Etruria e Cari Chieti. Il Fondo interbancario avrebbe evitato loro il fallimento, e soprattutto l’attivarsi del meccanismo del bail-in, attraverso un piano di salvataggio effettuato da una holding (con la partecipazione di più istituti di credito nazionali), per ricapitalizzare con 2 miliardi Banca Marche, Popolare dell'Etruria, Carife e Cari Chieti, attualmente in amministrazione straordinaria.

E cosi il Governo si è dovuto subito attivare per trovare un nuovo piano per salvare le banche in crisi, visti anche i tempi stretti, dato che il nuovo istituto del bail-in (meccanismo che prevede il salvataggio interno delle banche, attraverso i risparmi in primis degli azionisti) dovrebbe entrare in vigore il 1 gennaio 2016. In Consiglio dei Ministri, al massimo domani 23 novembre, si dovrebbe arrivare alla stesura di un decreto legge. Il decreto prevede in sostanza la costituzione di 4 good bank, all’interno delle 4 banche in crisi, e di altrettante bad bank, sempre una per ogni banca, verso le quali veicolare i crediti in sofferenza.

I dettagli dell’operazione

L’obiettivo che il governo vuole perseguire attraverso tale l’operazione non è solo quello di separare attraverso la good bank gli asset buoni dai crediti deteriorati, ma anche quello di liquidare i crediti in sofferenza in un tempo ragionevole.

Questa soluzione rappresenta una risposta alla preoccupazione dell’opinione pubblica per la crisi che attanaglia tutto il sistema bancario, che come mostra il rapporto di settembre dell’ABI, presenta più di 200 miliardi di euro di sofferenze.Le good bank e la bad bank dovrebbero essere gestite dall'Autorità di risoluzione istituita all'interno della Banca d'Italia, i cui commissari guideranno le operazioni finanziare che verranno intraprese dopo l’ok del governo al decreto.

Il Fondo interbancario di tutela dei depositi darà vita ad una sezione che si chiamerà“Fondo di risoluzione”, creata appositamente per raccogliere i soldi che serviranno a risollevare le sorti delle 4 banche in difficoltà. Nel “Fondo di risoluzione”, cui parteciperanno 155 istituti dell'ABI, potrebbero riversarsi quest’anno 600 milioni, mentre altri soldi dovrebbero arrivare nei prossimi 3 anni.

Per arrivare a raggiungere l’importante cifra di 2 miliardi di euro, però, anche altre banche italiane saranno chiamate a versare contributi volontari.

Da dove arriveranno i 2 miliardi di euro che non faranno fallire le 4 banche?

Fra le prime indiscrezioni, la parte del leone dovrebbero farla proprio l’Unicredit, l’Intesa Sanpaolo e l’Ubi Banca che si preparano a sborsare circa 3 miliardi per accelerare la procedura del salvataggio bancario. Si tratterebbe, però, di un prestito suddiviso in una prima parte che dovrebbe assicurare, nei prossimi 3 mesi, una buona dose di liquidità (circa 2 miliardi), e una seconda parte, il cui importo dovrebbe arrivare più in là.

Intanto, c’è chi crede che dietro tale prestito cospicuo ci sia lo spettro della politica dei licenziamenti che questi istituti bancari stanno effettuando.

Ricordiamo, infatti, che l’Unicreditentro il 2018 prevede di mandare a casa 18.200 lavoratori, Intesa SanPaolo sempre entro il 2018 taglierà 4.500 posti di lavoro, mentre l’Ubi banca licenzierà 550 dipendenti. Per info sulle notizie inerenti il sistema bancario, premi il tasto Segui.