L’unica resurrezione famosa che si ricordi ha dato origine al Cristianesimo eppure c’è chi ritiene che le future scoperte della medicina possano permetterlo ancora. La notizia dell’ibernazione della ragazzina inglese ha scatenato enorme curiosità su questa tecnica che ai più appariva solo un’invenzione cinematografica. Tuttavia, quello che ha spiazzato tutti è stato scoprire che questi “surgelamenti” avvengono post-mortem. In altre parole, viene ibernato un cadavere, anche se le società crioniche lo definiscono: corpo “deanimato”.

Quindi, persino i film di fantascienza sono più credibili su questo argomento.

Una dozzina di pellicole tra cui Il dormiglione con la regia Woody Allen (1993), Amore per sempre di Stive Miner (1992), Demolition Man di Marco Brambilla (1993) ma in tutte, i personaggi prima dell’ibernazione sono vivi.

Del resto gli stessi “fornitori di questo servizio” mettono le mani avanti sulla possibilità di poter scoprire tecniche di “resurrezione”. La medicina nei prossimi decenni, e secoli, sicuramente riuscirà a curare quelle che per noi sono malattie incurabili e farà tant’altro, purché il paziente non sia già morto.

Che grosso business l’ibernazione

Per risorgere dall’ibernazione bisognerebbe sconvolgere parecchie leggi della natura. Tanto per cominciare, evitare il danneggiamento prodotto alle cellule dal congelamento.

Insomma servirebbe un miracolo come quello già avvenuto per due società statunitensi (la Alcon e la Cryonics) e una russa (KrioRus), che per prime hanno intuito le dimensioni del business.

Risulta che al momento oltre 370 corpi sono ibernati nelle strutture di queste tre società crioniche. Altre duemila persone hanno già firmato il contratto e aspettano, con grande serenità il loro momento fatale.

Comunque, i costi non sono alla portata di tutti. Si parla di 200mila dollari per un “corpo intero” ma con un forte sconto se si iberna “solo la testa”. Per farne che? Ha già dell’incredibile ritornare in vita tutt’interi ma, addirittura, con il solo cervello, a cui bisognerà abbinare un corpo, sarebbe solo la dimostrazione che Mary Shelley aveva anticipato i tempi creando Frankenstein.

Dando per scontato che il processo mantenga le sue promesse, resta pur sempre un contratto aleatorio, insicuro persino sulla possibilità di arrivare all’ibernazione. Infatti, pare, che il processo si debba realizzare entro due minuti dalla morte clinica per evitare la decomposizione del corpo.

Per ibernarsi, organizzare bene la morte

Senza voler essere iettatori, quante probabilità ci sono che si possa morire in un centro attrezzato per queste operazioni? Bisogna essere un malato terminale, un paziente in coma o uno che sceglie l’eutanasia.

Chi muore in un’incidente della strada, con un infarto fulminante, precipitando dalle scale, scivolando sull’asfalto bagnato e in mille altri modi lontani dai due minuti necessari, dovrà accontentarsi della volgare sepoltura o della più moderna cremazione.

Perdendo, comunque, i soldi del contratto che saranno dirottati alla ricerca (sulla resurrezione?).

Tra gli aspiranti ibernati ci sono 8 italiani e tra questi un avvocato friulano, Vitto Claut, che ha le idee chiare su quello che troverà al suo risveglio fra trecento anni: “Vivremo sotto terra, in un pianeta senz’acqua e senza piante, ci nutriremo di pillole (che prospettive allettanti) e andremo su Marte per il weekend”.