Una vicenda di connivenza, emersa dopo lunghe indagini. E' stato arrestato a Palermo l'imprenditore Giuseppe Ferdico, noto magnate dei detersivi. L'uomo è stato fermato con l'accusa di fittizia intestazione di beni. Ha infatti continuato a gestire l'azienda che gli era stata confiscata dallo Stato con la complicità dell'amministratore nominato dal Tribunale, il libero professionista Luigi Miserendino. Il commercialista, anche lui molto rinomato a Palermo, è stato accusato di favoreggiamento e sottoposto ai domiciliari. Sono finiti in manette anche tre altri industriali, Francesco Montes, l'uomo a cui era stata affidata la gestione di fatto del centro commerciale di Carini, piccola località presso il capoluogo siciliano, Pietro Felice e Antonio Scrima, gli uomini di fiducia di Ferdico.

La vicenda

Tre anni fa Giuseppe Ferdico era stato scagionato dalla pesante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Ma l'assoluzione non aveva allontanato da lui i sospetti dell'autorità giudiziaria in merito alla vicenda. L'uomo era stato accusato di avere costruito un impero economico all'ombra dei boss siciliani più famosi. Nel Marzo scorso infatti i tribunali di Palermo hanno deciso di mettere tutto il patrimonio dell'imprenditore, 12 supermarket, compreso il grande magazzino di Carini sotto confisca. Un patrimonio stimato di circa 450 milioni di euro. Dalla conclusione delle indagini svolte dalla polizia tributaria del capoluogo coordinate dal colonnello Francesco Mazzotta è emersa una situazione di cointeressenze fra mafia locale e settore terziario.

Accuse per le quali il Ferdico ha dichiarato di essere sempre assolutamente innocente e vittima anche lui come altri del pizzo. Un'ascesa economica esplosa soprattutto dagli anni 90 in poi. Dopo il processo svoltosi nel 2014 il noto imprenditore era diventato comunque socialmente pericoloso. I magistrati gli avevano imposto una dimora obbligatoria di tre anni nel capoluogo siciliano e in più era diventato sorvegliato speciale.

Nonostante la confisca dei beni con la complicità del commercialista Luigi Miserendino, il Giuseppe ha continuato a gestire i propri beni in maniera quasi capillare servendosi di altri tre uomini, che erano considerati i suoi factotum.

Le indagini

Le indagini sono partite dalla magistratura palermitana, la procura ha messo in luce l'ennesimo garbuglio commesso proprio da chi avrebbe dovuto svolgere un lavoro di vigilanza in maniera onesta, sui patrimoni sottratti ai boss mafiosi.

L'inchiesta coordinata dai giudici Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi, e dal procuratore aggiunto Giuseppe De Luca ha messo in mostra la spregiudicatezza di chi ha monopolizzato un bene appartenente allo Stato facendolo gestire in maniera illegale.