Oggi è il giorno del God bless America. Dovunque, sulle pagine dei quotidiani statunitensi, sui social e nei programmi tv americani, la commemorazione e il ricordo si concludono con l'esortazione: Dio benedica coloro che sono morti e i nostri soccorritori. Dio benedica l'America.

L'11 settembre di 14 anni dopo quei tragici fatti, è quello in cui Obama annuncia che gli Usa accoglieranno diecimila profughi siriani e anche quello che vede sventolare la bandiera della Palestina dal Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. E' anche un giorno segnato da una nuova minaccia, quella dell'Isis che annuncia un attacco hacker.

Cambiano i metodi e gli attori, ma la violenza resta, nelle parole e nelle azioni dei terroristi, anche a 14 anni di distanza da quella tragedia che ha cambiato il mondo e che continua a mietere vittime, perché sono tanti ancora che muoiono perché avvelenati dalle ceneri e dai fumi tossici di quegli attentati. Come Marcy Borders, soprannominata poi Lady Dust, la donna ritratta in uno scatto ormai famoso, completamente cosparsa di cenere, al punto da non sembrare umana. Una delle circa tremila vittime stimate negli Usa morte per neoplasie, la chiamano la maledizione dell'11 settembre.

Il governatore Cuomo

Sulla pagina istituzionale dello Stato di New York, il Governatore Cuomo ha annunciato che per l'intera giornata sventoleranno a mezz'asta le bandiere sugli edifici governativi statali in ricordo delle vittime degli attacchi terroristici del 2001.

“Erano madri e padri, fratelli e sorelle, i cittadini che avevano appena iniziato la loro giornata e i primi soccorritori che hanno messo a rischio la propria vita per aiutare degli sconosciuti e mentre osserviamo la loro memoria - scrive ancora Cuomo -, vorrei anche chiedere ai newyorkesi di ricordare il coraggio e il sacrificio dei membri delle Forze Armate degli Stati Uniti, il loro impegno per preservare le libertà e i diritti sui quali questa nazione è stata fondata”.

Un nuovomodo di raccontare

Fu una giornata particolare anche per il mondo dell'informazione quella dell'11 settembre. In qualche modo contribuì a cambiare il modo di raccontare le tragedie. Bastavano le immagini, quei video amatoriali a riempire, da soli, metà telegiornale. E forse erano più efficaci delle parole. Di sicuro, più devastanti.Dunque anche il ricordo di chi l'ha vissuta raccontandola, quella tragedia, continua a essere forte.

Mimmo Liguoro, è stato redattore capo e conduttore del TG2 e poi del TG3, dove si trovava quella mattina: “Fu tremendo. Adesso me ne parli e di nuovo sento i brividi – racconta Liguoro -. Quando arrivarono le prime immagini dei grattacieli che si spappolavano, la prima cosa che provammo fu una immediata incredulità, qualcosa che durò qualche secondo, poi la realtà si impose e si capì che stava succedendo una tragedia senza precedenti nella storia del mondo”.

Le redazioni impazzirono letteralmente. Dalle tv satellitari le immagini di New York si diffusero in tutto il pianeta. “Tutto il programma di lavoro fu sovvertito – ricorda Mimmo Liguoro -, le scalette già pronte, buttate all'aria. I nostri corrispondenti in tutto il mondo furono allertati, non poteva essere diversamente.

Poi si cominciò a stabilire i tempi di durata, ci furono continui collegamenti con gli Stati Uniti che finirono per occupare spazi anche di altre trasmissioni, con un lavorio anche tecnico per riuscire a dare informazione, garantendo immediatezza. Naturalmente tutto questo andava a toccare un punto dolente della nostra professione, cioè l'incontro tra l'emozione personale autentica, vera, umana e il dovere professionale che impone di non avere sensazioni troppo forti o che comunque non prevalgano sul risultato, perché altrimenti il lavoro non viene bene. Allora ognuno di noi si impegnò anche in tal senso, affinché le immagini e le notizie che trasmettevamo venissero identificate come immagini e notizie, il racconto del fatto, oltre l'aspetto umano e i sentimenti di chi narrava la catastrofe”.