Vi ricordate le barzellette con l'inglese, il tedesco e l'italiano? I primi due protagonisti potevano cambiare nazionalità, essere francesi o americani. L'italiano c'era sempre, come esempio di furbizia che, però, trattandosi pur sempre di una barzelletta, finiva per metterlo in ridicolo. Alla fine siamo anche questi, autoironici quando serve, capaci di schernire i nostri atavici difetti mascherandoli come pregi. Le maschere farsesche servono anche a metterci di fronte agli altri Paesi nella ricerca spasmodica di elementi che rendano possibile il confronto, ma questa non è soltanto una barzelletta perché la politica italiana, in fin dei conti, ha sempre cercato la via del confronto con gli altri Paesi, reclamando un ruolo di primo piano nelle questioni internazionali.

Attualmente gli occhi del mondo puntano verso l'estremo oriente, al braccio di ferro tra il presidente americano Donald Trump ed il dittatore nordcoreano Kim Jong-un. Ed anche qui, improvvisamente, l'Italia tenta di recitare un qualche ruolo attraverso l'inspiegabile decisione di espellere l'ambasciatore di Pyongyang. Per carità, quello presieduto da Paolo Gentiloni non è l'unico governo in seno all'Unione Europea ad aver adottato questo provvedimento, già attivo in Spagna e Portogallo. Dando uno sguardo al resto del mondo, i diplomatici nordcoreani hanno dovuto lasciare Malesia e Kuwait in Asia, Messico e Perù in America Latina. Ogni governo, in fin dei conti, espone le proprie ragioni ed adotta i propri pretesti, ma quelli del ministro degli esteri, Angelino Alfano, non li comprendiamo.

In realtà non c'è nessuno da espellere

E visto che citavamo le barzellette, l'autore del provvedimento suddetto finisce per diventarne involontariamente protagonista. Perché in Italia, in realtà, non esiste alcun ambasciatore di Pyongyang. L'ultimo accreditamento di un rappresentante diplomatico del regime di Kim Jong-un si chiamava Kim Chun-guk ed è morto l'anno scorso.

Il Quirinale allo stato attuale sta ancora esaminando le credenziali del suo successore, Mung Jong-nam. Vogliamo pertanto sperare che quello di Alfano sia un gesto simbolico, tanto per prendere posizione nella delicata questione internazionale. Altrimenti dobbiamo concludere che era semplicemente disinformato dei fatti e per un capo della diplomazia italiana non è esattamente una nota di merito.

Comunque sia, la decisione di Angelino Alfano sarebbe motivata dall'attuale comportamento di un regime che minaccia la pace mondiale. "La nostra è una decisione forte, l'ambasciatore nordcoreano dovrà lasciare il nostro Paese - ha spiegato - ma la Corea del Nord nelle scorse settimane ha effettuato un ulteriore test nucleare ed ha proseguito con i lanci missilistici. In questo modo l'Italia che presiede il Comitato Sanzioni del Consiglio di sicurezza, chiede di tenere alta la pressione sul regime".

Buoni rapporti diplomatici

In realtà i rapporti tra Italia e Corea del Nord sono sempre stati improntati al reciproco dialogo. Tanto per citare un esempio, nel giorno della proclamazione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica, lo stesso Kim Jong-un si premurò di far pervenire al nuovo Capo dello Stato le sue congratulazioni.

Senza contare gli ottimi rapporti di Antonio Razzi, già segretario della Commissione esteri del Senato, con il regime di Pyongyang. Se poi andiamo indietro nel tempo, non possiamo non citare l'opera del governo Dini che fece da tramite con quelle nazioni che non avevano rapporti con Washington e con gli altri componenti del G7, tra cui la Libia di Gheddafi e la Corea del Nord allora guidata da Kim Jong-il. Oggi che una parte del mondo invoca una soluzione diplomatica per l'attuale crisi della penisola coreana, Angelino Alfano sceglie il pugno duro, senza alcuna ragione perché in fin dei conti la Corea del Nord non ha mai minacciato l'Italia o gli altri Paesi dell'Unione. Se però l'obiettivo era quello di fare notizia, il ministro degli esteri ha colto nel segno.

Gli echi del provvedimento hanno fatto il giro del mondo e sono arrivati fino a Pyongyang.

Pyongyang: 'L'Italia accondiscende a Trump'

La nota del Partito Comunista nordcoreano è piuttosto dura, ma non ci sono minacce. Per Kim Jong-un, al contrario, il governo italiano fa quasi la figura del 'servo sciocco'. "Chiaro che l'Italia accondiscende a Trump, perché se la posizione del governo italiano fosse davvero indirizzata a mantenere la pace mondiale, dovrebbe interrompere i rapporti con tutte le nazioni in possesso di armi nucleari e ritirare le proprie truppe che partecipano a missioni di guerra nel mondo". Pyongyang rincara la dose, sostenendo che "il governo italiano contribuisce in questo modo all'accerchiamento imperialista della Repubblica Popolare Democratica di Corea".

Razzi: 'Decisione degradante'

Non poteva mancare la presa di posizione di Antonio Razzi, il politico italiano che più di ogni altro conosce la Corea del Nord ed intrattiene buone relazioni con il regime. "La decisione del ministro Alfano è degradante ed equivoca. Il capo della diplomazia italiana - aggiunge l'esponente di Palazzo Madama - ha reintegrato l'ambasciatore egiziano, esponente di un Paese che ha ucciso un nostro ragazzo (Giulio Regeni, ndr) e non ha sapuro fornire spiegazioni convincenti in merito. Al contrario, espelle il rappresentante diplomatico di un Paese che a noi non ha mai fatto nulla". Il discorso di Razzi non fa una grinza e se anche un personaggio discusso e discutibile come il parlamentare abruzzese fa la figura dell'esperto statista in questa vicenda, c'è evidentemente qualcosa di stonato.

Ma se davvero vogliamo essere sinceri, non troviamo fuori luogo nemmeno la nota del regime nordcoreano che, al di là della consueta propaganda, non è così distante dalla realtà dei fatti. Alfano ha scelto semplicemente di agganciarsi al carrozzone di Washington: nulla di nuovo, pertanto, negli ultimi settant'anni di politica estera italiana.