Il D.M. del 23 luglio scorso recante "Arresto temporaneo obbligatorio delle unità autorizzate all'esercizio della pesca con il sistema a strascico" ha inferto un altro duro colpo al mantenimento dei posti di lavoro nella marineria italiana: una tradizione ed un mondo che va sempre più scomparendo. Il provvedimento comprende anche le attività -con autorizzazione temporanea- che praticano la pesca a strascico col sistema volante.

E tutti gli interessati devono depositare i propri documenti di bordo.

Il fermo pesca ha lo scopo di tutelare le risorse del nostro mare e mira alla conservazione degli "stock ittici". Ma il fatto è che la modalità dei divieti viene affidata alle regioni. E così il calendario del fermo biologico non si presenta uguale per tutti e manca di uno specifico e documentato supporto tecnico. Il fermo biologico selvaggio ha, quindi, stabilito che da Trieste a Rimini è dal 28 luglio al 5 settembre; da Pesaro a Bari sarà dall'11 agosto al 21 settembre; Brindisi - Ionio - Tirreno: 15 settembre - 14 ottobre.

I compartimenti marittimi della Sardegna e della Sicilia decideranno in piena autonomia e sembrerebbe che abbiano previsto un fermo di 30 giorni.

Con questo niente pesce fresco sulle tavole degli italiani e niente aiuti finanziari alle imprese di pesca che saranno costrette a rimboccarsi le maniche per diverse settimane. E tutto persino in un periodo poco incoraggiante per l'economia del mercato ittico italiano. Difatti, secondo i dati dell'Ismea -diffusi dalla Coldiretti Impresa Pesca- le vendite di pesce fresco hanno registrato un calo di oltre il 7 per cento.

In aggiunta il decreto, per tutelare le risorse dell'Ambiente marino, non ha del tutto convinto le rappresentanze sindacali di Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil.

In una nota congiunta hanno espresso diverse perplessità. Per esempio, in ossequio al decreto legislativo nr. 66 dell'8 aprile 2003, le ore di ripresa dell'attività della pesca -dopo il fermo obbligatorio- sarebbero in contrasto con l'attuale disposizione e risulterebbe poco chiaro la definizione del divieto per il sistema definito a "strascico volante".

Un'altra nota dolente è la totale assenza d'un sostegno economico. Non ci sarà la CIGS in deroga per i dipendenti delle imprese che saranno costrette a "tirare i remi in barca". Mentre gli stessi sono ancora in attesa di percepire quanto stabilito con il fermo biologico del 2013. Le norme europee vanno rispettate, ma non si può senza alcun reddito e senza un piano serio di salvaguardia della pesca italiana, la cui penisola è per lo più circondata dal mare e vanta una secolare tradizione.

Anche nel rispetto del CCNL le categorie coinvolte hanno chiesto un incontro urgente con il ministro Maurizio Martina.

Dall'altra parte, Impresa Pesca ha fatto sapere che sono allo studio iniziative per portare nelle case degli italiani il "made in Italy". Nel frattempo, tuttavia, i golosi di pesce fresco devono stare sul chi va là dato che potrebbero consumare grigliate e fritture di quello congelato e proveniente dall'estero senza avere una tracciabilità ed una garanzia sulla sicurezza della salute. Davvero pessime notizie che dovrebbero svanire al pensiero d'un ripopolamento della fauna ittica del mare nostrum.