La terribile catastrofe che ha colpito il nostro Paese, ed in modo particolare i centri urbani di Accumoli, Arquata del Tronto ed Amatrice,ha dato adito a varie discussioni circa la scarsa capacità del governo di prevenire e rispondere adeguatamente al rischio terremoti, facendo riferimento in modo particolare alle differenze con il sistema giapponese. È bene dunque capire quali sono i criteri che conferiscono a tale modello l'efficacia tanto invidiata.

La gestione del rischio in Giappone

Il Giappone è un paese particolarmente incline ai disastri, non solo terremoti, ma anche tsunami, frane, valanghe e incendi; cataclismi dettati dalle sue particolari caratteristiche geografiche e meteorologiche.

L’aumento di vittime fra i cittadini ha portato il governo ad investire sempre di più sulla ricerca, promuovendo la salvaguardia del territorio e della popolazione. Il punto di svolta ci fu nel 1961 con la promulgazione dell’Atto sulle Contromisure ai Disastri, primo documento ufficiale volto all’elaborazione di un sistema di gestione del rischio completo e strategico.

Una risposta concreta al rischio terremoti

Sono due i sismi che hanno profondamente segnato il Giappone, causando numerose perdite fra la popolazione: il Terremoto di Hanshin-Awaji nel 1995 ed il terremoto dell’est del Giappone nel 2011. Questi eventi hanno alimentato una sempre più forte propensione del governo ad aumentare le precauzioni per arginare tali fenomeni.

In prima istanza, l’Agenzia Meteorologica del Giappone si occupa di monitorare costantemente le attività sismiche del suolo, grazie a sismometri che misurano l’intensità dei movimenti del suolo in corrispondenza di diverse aree del paese. Inoltre il Consiglio Centrale sulla Gestione del Rischio ha redatto tre piani specifici per il rischio terremoti:

  • il Quadro Politico per la Prevenzione e la Riduzione dei Disastri dovuti a terremoti su larga scala
  • la Strategia di Riduzione dei Disastricausati da terremoti
  • le Linee Guida per le azioni da compiere in caso di Emergenza

L’attenzione posta dallo Stato nipponico nei confronti del pericolo è alimentata dal fatto che, nei prossimi 30 anni, il Paese non sarà esente dal verificarsi di un nuovo e devastante evento sismico su larga scala.

Infrastrutture ed edifici più resistenti

Il governo giapponese si distingue inoltre per la rapidità con cui pone rimedio ai danni causati da eventi sismici di notevole portata. A testimonianza di ciò, un esempio concreto è fornito dal caso dell’autostrada crollata durante il terremoto dell’est del Giappone, nella pianura di Kantō.

A distanza di 6 giorni, la sezione di strada danneggiata venne completamente ripristinata, grazie all’efficacia della manodopera locale ed alla collaborazione fra pubblica amministrazione ed organizzazioni private, le quali fornirono un notevole supporto economico.

L’obiettivo prefissato non è ricostruire ciò che è stato distrutto così com’era in origine, ma ricostruirlo meglio di prima, da qui lo slogan dei giapponesi "build back better", ossia "ricostruire meglio". Dal momento che la principale causa di decessi durante un terremoto è proprio il crollo di edifici insufficientemente resistenti all’azione sismica del suolo, nel novembre del 2013 è stata condotta un’indagine generale sulle caratteristiche strutturali degli edifici, al fine di identificare quelli che non erano in possesso dei requisiti minimi di resistenza.

Sono stati monitorati edifici sia privati che pubblici, con particolare attenzione verso le scuole e gli ospedali, ponendo come obiettivo quello di rendere, entro il 2020, il 95% delle case ed il 100% delle scuole elementari e medie a norma, secondo i criteri ed i requisiti minimi di resistenza ad eventi sismici su larga scala. Attualmente, la percentuale di decessi e di strutture crollate in seguito a terremoti risulta in diminuzione, dando prova del fatto che il sistema di gestione del rischio giapponese può rivelarsi un buon modello da seguire anche per il governo italiano.