Tra politica interna e politica estera, è giusto avventurarci di tanto in tanto nella realtà locale. Oggi in quella bolognese, con Fico. Annunciato come il “parco agroalimentare più grande del mondo“, venuto alla luce più come un bisogno dell’amministrazione bolognese (ricordiamo che FICO è nato grazie alla collaborazione con il Centro Agroalimentare di Bologna o CAAB) di liberarsi di questa immensa struttura nella periferia di Bologna, di cui era socio di maggioranza, il 15 novembre 2017 è stata inaugurata la “Disneyland del cibo“.

Ma come nasce FICO?

FICO nasce da un’idea del comune di Bologna, il quale, nel 2012, stanco di sorbirsi i costi del CAAB e osservando il successo di Eataly, chiede al suo creatore Oscar Farinetti “oh Vez! Che ne dici se ci mettiamo insieme e creiamo una cittadella del cibo” (n.b. dialogo immaginario, condito da slang bolognese: vez = amico). Decisamente il comune di Bologna, all’epoca, non poteva scegliere partner migliore, visto il successo della creatura di Farinetti e il suo progetto per EXPO 2015 a Milano.

Peccato che tale scelta fece scatenare le prime polemiche: l’assenza di un bando europeo (previsto dalla legge in queste occasioni) e l’accettazione da parte del creatore di Eataly tramite chiamata diretta, fece balzare agli onori di cronaca la solita manfrina all’Italiana: la legge la rispettiamo il giorno del poi.

Tuttavia, a nessuno sembra, tuttora, interessare. Alla fine hanno vinto tutti: il comune di Bologna non ha dovuto versare un solo quattrino di denaro pubblico; Farinetti si è assicurato un trasporto diretto al suo parco agroalimentare, oltre che una serie di sconti burocratici non da poco.

Navetta fico o FICOBUS

Parliamo di quello che ha più lasciato attonita l’opinione pubblica.

Il comune di Bologna ha deciso di garantire un trasporto diretto per FICO, tirando in ballo l’azienda per il trasporto pubblico (TPER).Con la Regione Emilia Romagna, ha appositamente acquistato dei nuovi autobus ibridi (perché elettrici erano troppo green?), da 18 metri con capienza da 148 posti (per chi non vive a Bologna: i mezzi pubblici sono della seconda guerra punica, ad eccezione di 4 filobus, ma per noi poveri mortali non ci sono i soldi).

Una corsa ogni 30 minuti nei giorni feriali e una ogni 20 sabato e nei giorni festivi, dalle 10 alle 24.

Fin qui nulla di strano. Peccato che per ogni viaggio, la media dei passeggeri su questi mezzi sia di 6 persone. 6 persone, comporta che spesso e volentieri questi autobus fanno giri su giri della città a vuoto (no, non conta il fatto che sono ibridi). Se teniamo conto che la singola tratta costa 5 euro e 7 euro andata e ritorno (“è il prezzo di mercato“), il motivo è presto spiegato. Ne vale davvero la pena far circolare questi bestioni lungo le vie della città? Beh se teniamo conto che la Regione ha finanziato il progetto di FICobus con ben 3 milioni di euro, forse è il caso trovare un modo per sfruttare questi mezzi.

Una possibile soluzione, a riguardo, è stata avanzata dal Movimento 5 Stelle della Regione Emilia Romagna, tramite la sua portavoce in Regione, Silvia Piccinini. Con una risoluzione, ha proposto di permettere anche ai nomali utenti TPER di viaggiare sui FICObus, i quali possono usufruire del servizio con le classiche condizioni e costi. Il PD ha bocciato la risoluzione, sottolineando che si dovrà valutare se sopprimere le corse e trovare soluzioni alternative.

Beh, basterebbe rendere tali mezzi accessibili a tutti o magari abbassare i prezzi delle navette, visto che il parco agroalimentare è, comunque, facilmente raggiungibile anche con le linee normali degli autobus, il cui biglietto singolo costa al massimo 1 euro e 50 (linea 55 e 14C, se siete interessati e della zona).