Non ci sono solo Barry Bennell e George Ormond tra i mostri che hanno imperversato per anni nel calcio inglese. Un altro nome che ricorre spesso e volentieri è quello di Frank Roper. Come anche Eddie Heath, già capo scout del Chelsea negli anni '70, anche Roper non sarà mai portato davanti a un giudice, essendo da tempo scomparso. Ma le accuse post mortem a suo carico sono davvero pesanti. E la fonte principale è un giocatore di fama come Paul Stewart, ex centrocampista di Blackpool, Manchester City, Tottenham e Liverpool oltre che della nazionale inglese.

Fiducia totale da parte del Blackpool

Stewart finì nella rete di Roper a metà anni '70, quando era un promettente ragazzino delle giovanili del Blackpool. Roper non era un impiegato del club, ma il titolare di una società giovanile, la Nova, che ai Seasiders forniva molte giovani promesse. Molto quotato nell'ambiente, godeva della totale fiducia del Blackpool, tanto che a un certo punto il team manager Sam Ellis non ebbe problemi ad affidargli il figlio Tim per una tour promozionale in Nuova Zelanda. Insomma, Roper aveva accesso a una fonte praticamente infinita di prede. E per attirare le sue vittime aveva anche un'altra arma: la ricchezza guadagnata col suo negozio di abbigliamento sportivo.

Come quasi sempre accade nei casi di pedofilia, puntava i più deboli tra i suoi allievi, li conquistava con soldi e regali e, una volta ottenuta la loro fiducia, li trasformava in oggetti, assumendo il totale controllo.

"Minacciava di uccidere la mia famiglia"

Questo, almeno, è ciiò che emerge dalla testimonianza di Stewart. Che, come altri, ha trovato il coraggio di parlare solo dopo l'intervista concessa da Andy Woodward al Guardian sul caso Bennell.

Stewart racconta di avere subìto gli abusi di Roper praticamente ogni giorno per 4 anni e di essere rimasto in silenzio all'epoca dei fatti per paura - “Minacciava di uccidere i miei genitori e tutta la mia famiglia se avessi parlato. Ero sempre sotto minaccia. Se non giocavo bene, mi minacciava di violentarmi. Era un mostro” - e per vergogna dopo la morte del suo aguzzino, avvenuta 11 anni fa: “Mi dispiace che Roper sia morto, ma solo e soltanto perché non potrà essere portato davanti alla giustizia per le sue azioni, per ciò cui mi ha sottoposto.

Il fatto che sia morto non cambia comunque molto le cose. Ho raccontato la mia storia per aiutare altri a gestire una situazione come la mia. Io non l'ho gestita molto bene per anni e, a essere onesto, ancora ho problemi. Ormai mi sono rassegnato al fatto che dovrò farci i conti per sempre”. Di Roper ha parlato anche Jamie Forrester, ex Leeds United e Hull City. Pur non essendo stato oggetto delle attenzioni del tecnico del Nova, Forrester sostiene di averlo visto violentare un ragazzino di 11 anni durante un tour in Thailandia. “Quelllo che Frank Roper ha fatto è imperdonabile. Incuteva timore. Puntava sempre i ragazzi più deboli e più vulnerabili”.