Istruzione come un punto di svolta, come capacità di emergere da povertà e schiavitù. Istruzione come voglia di dare una scossa al proprio paese, di dire "ci sono e sono in grado di esserci". Erano con queste voglie che le 200 ragazzi rapite a Boko Haram nella metà di Aprile. Studiavano creando la propria vita quando un commando ha fatto irruzione e le ha rapite. Ore di angoscia, di attesa e poi l'agghiacciante video. "Ho rapito le vostre donne, ho preso le vostre ragazze e le venderò al mercato, come vuole Allah".

Calpestare i diritti e avere paura di un popolo capace di istruirsi e abbattere certe "tradizioni" e sistemi di pensiero.

La comunità internazionale, inorridita dalle minacce di riduzione in schiavitù delle ragazze si è subito mobilitata affinché la storia non rimanesse all'interno dei conflitti nigeriani. La protesta, come ormai consuetudine, è subito giunta dai social network dove VIP, politici e semplici utenti hanno espresso la loro indignazione attraverso l'Hashtag #Bringbackourgirls.

Riportateci indietro le nostre ragazzi. Si perché la storia di quelle 200 sfortunate non può essere relegata al confine nigeriano, non può essere solo fardello delle famiglie che soffrono ore di angosciosa attesa. La loro storia è in qualche modo la storia di tutti.

Dopo aver espresso la sua indignazione sul profilo twitter, Michelle Obama ha fatto sapere di voler sostituire il marito nel tradizionale discorso del sabato e di volerlo dedicare alle madri straziate dal dolore.

"Come madre di due ragazze la signora Obama coglierà l'opportunità per esprimere l'indignazione e lo strazio del presidente e il suo per il sequestro" ha dichiarato il vice portavoce della Casa Bianca Eric Schultz.