Sono trascorsi 32 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno del 1983 al Vaticano. Un trentennio durante il quale gl'inquirenti hanno considerato diverse piste d'indagine, tante quante le domande irrisolte del caso. Dal 30 settembre, però, l'inchiesta potrebbe giungere ad un vicolo cieco ed essere archiviata definitivamente su richiesta del gip.
La decisione, sottoscritta lo scorso maggio dal Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, negherebbe giustizia alla famiglia della Orlandi che da anni attende risposte; in particolare al fratello Pietro, che da due mesi sta portando avanti una una raccolta firme online sul sito "Change.org", petizione che il prossimo lunedì arriverà sui banchi del Consiglio Superiore della Magistratura con l'intento di proseguire le indagini.
Sono più di 78mila le adesioni raggiunte fino ad ora, ma non bastano perché la richiesta dei famigliari venga accolta. "Ci opponiamo alla richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Roma. Non vorremmo che ci fosse la volontà di chiudere non solo un'inchiesta ma l'intera vicenda", ha dichiarato nei giorni scorsi Pietro Orlandi. L'inchiesta coinvolge infatti anche un'altra ragazza scomparsa nello stesso periodo della Orlandi, Mirella Gregori, data per dispersa il 7 maggio 1983.
Un gioco di forze: dalla "guerra fredda" ad oggi
Alla richiesta d'archiviazione del Procuratore Pignatone si associano i pm Ilaria Calò e Simona Maisto, trovando in totale disaccordo il Procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, che per oltre 30 anni si è occupato del caso Orlandi.
"Io non concordavo con questa richiesta quindi non ho firmato l’atto, ritenevo necessarie altre attività di indagine", ha dichiarato il Procuratore aggiunto di Roma. Rimangono in sospeso infatti molti aspetti della vicenda che secondo Capaldo meriterebbero di essere approfonditi, come la posizione del fotografo Marco Accetti. Lui stesso, accusatosi della sparizione delle due ragazze, rivelò particolari salienti nella ricostruzione del caso. Aspetti che rifletterebbero una controversia tra fazioni ecclesiastiche sin dai tempi della "guerra fredda".
Ma Accetti non è la sola chiave di volta in questo caso, olte a lui furono indagati nell’inchiesta sei persone per sequestro di persona e omicidio, volti minori della Banda della Magliana ed affiliati come l'ex amante del boss "Renatino" De Pedis, ovvero Sabrina Minardi, e Monsignor Pietro Vergari.
"Il caso di Emanuela Orlandi incarna in questo momento uno scontro tra le forze della Procura di Roma, col Procuratore capo Pignatone, e quelle Procuratore aggiunto che ha seguito personalmente le indagini, Giancarlo Capaldo", sostiene Fabrizio Peronaci, capocronista al Corriere della Sera che da anni si occupa del caso Orlandi, da cui ha tratto "Il Ganglio" (edito da Fandango). La posizione di Capaldo insiste sul proseguimento delle indagini poiché "la sua conduzione permise di raggiungere la confessione di Accetti, testimone chiave del caso: fu lui a dichiarare un giro d'incontri lussuriosi che coinvolgevano personaggi politico-ecclesiastici influenti di quegl'anni, sin addirittura dalla guerra fredda.
Forse questo aspetto potrebbe spiegare perché Pignatone voglia chiudere le indagini una volta per tutte". Come una lettera scarlatta sulla facciata ecclesiastica, il caso Orlandi "potrebbe ulteriormente inficiare sulla reputazione di personalità religiose e minarne la credibilità". Vero è che, dopo 32 anni, risulta molto difficile scovare degli indizi che rianimino il caso e forniscano nuove piste su cui indagare. "Il fatto che questo caso mini la facciata del Vaticano può giustificare il perché si tenti d'insabbiarne gl'interrogativi irrisolti. Non è un caso che l'archiviazione sia passata in sordina sui media nazionali, quando negli ultimi mesi ci siamo dedicati ad un'inchiesta che tratta aspetti che possono addirittura combaciare sul tema della corruzione ed illegalità nelle istituzioni, come per Mafia Capitale".