La ‘ndrangheta non perdona. Mai. Arcaica e moderna, ma sempre feroce e vigliacca, ha sempre cercato di punire chi ha tentato di ostacolare il suo cammino. Chi si è messo contro. Chi l’ha denunciata e chi ha raccontato il marciume e l’ignobiltà che la caratterizza. E chi la tradisce, soprattutto. L’ennesima conferma è arrivata ieri sera, dalla martoriata terra di Calabria: un incendio ha devastato una lussuosa villa appartenuta ad Antonio Femia, detto Titta, 35 anni, ex broker del narcotraffico e attuale collaboratore di giustizia.
La villa confiscata data alle fiamme
È successo ieri pomeriggio. Siamo a Gioiosa Ionica, in provincia di Reggio Calabria, quando scatta l’allarme. La sfarzosa abitazione che fu di Titta Femia è avvolta dalle fiamme. L’incendio, molto probabilmente di natura delittuosa e ignobile, ha danneggiato seriamente gran parte delle stanze interne dell’immobile, attualmente disabitato perché colpito da provvedimento di confisca. Il bene, da poco, era stato assegnato al Comune. Sul posto sono intervenuti i carabinieri del Gruppo di Locri e della compagnia di Roccella Jonica diretta dal capitano Antonio Di Mauro, oltre a diverse squadre dei vigili del fuoco di Siderno che hanno provveduto a domare l’incendio. Titta Femia, negli ultimi mesi, con le sue dichiarazioni rese ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria aveva svelato la composizione di alcuni locali di 'ndrangheta operanti nella Locride e i loro sporchi affari nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
Dichiarazioni che hanno fatto scattare diversi arresti.
Le dichiarazioni di Femia all’antimafia
Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia hanno fatto tremare il mondo politico e sociale di Gioiosa Ionica. Femia infatti pare abbia raccontato ai giudici della Dda reggina di una riunione in cui venne indicato l’uomo che, negli anni passati, avrebbe dovuto ricoprire la carica di primo cittadino del piccolo centro locrideo. Uomo che poi sarebbe stato eletto con ampio consenso. A quel summit avrebbero preso parte, tra gli altri, anche Giorgio De Masi, presunto capo locale di ‘ndrangheta. Non solo. Femia pare abbia illustrato agli inquirenti anche la geografia mafiosa del paese: “è suddivisa in locale dei Giardini, ‘ndrina di Gioiosa Ionica e locale di Prisdarello”.
E su Prisdarello, Femia ha reso altre dichiarazioni che hanno fatto molto discutere. Secondo il pentito infatti la costruzione della chiesa di Sant’Antonio sarebbe stata finanziata anche con i soldi della ‘ndrangheta. Chiesa costruita alla fine degli anni novanta dopo la nascita di un comitato composto da numerosi cittadini che hanno contribuito, insieme agli emigrati di origine gioiosana e al sostegno di alcune istituzioni, alla realizzazione dell’edificio. Le rivelazioni di Titta Femia sono state inserite nell’ordinanza di custodia cautelare che ha dato il via all’operazione “Tipographic”. Operazione che ha decapitato le cosche di Gioiosa Ionica con 34 arresti.