Era stato definito un mafioso, un delinquente legato agli affari di quella sua famiglia ritenuta mafiosa e ndraghetista. Era stato accusato di svolgere un ruolo all'interno di quel sodalizio criminale ed è per questo che era stato arrestato per un ordine di custodia cautelare. Dopo i processi di rito però, viene fuori la verità, lui non ha nulla a che fare con gli interessi della sua famiglia e viene assolto dopo ben 2090 giorni di carcere

In carcere da innocente, e quel pesante cognome da portare

Si tratta di Carmelo Gallico, oramai 54enne e familiare di alcuni affiliati di una cosca della ndrangheta, ed è per questo che ha dovuto fare i conti con la legge e con i pregiudizi che la circondano.

Carmelo racconta a Repubblica: "amo scrivere ed ora, dopo aver subito un'incredibile ingiustizia durata anni, potrò farlo, mi sento rinato e voglio vivere la mia vita". Calabrese di nascita e bresciano di adozione, Carmelo ha dovuto affrontare un vero e proprio calvario per dimostrare la sua innocenza e come da lui stesso raccontato, per questa impresa ci sono voluti ben 2090 giorni di detenzione, di cui 1754 in custodia cautelare e pertanto, senza che vi fosse un'accusa precisa e provata per i reati di mafia che gli venivano contestati dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Solo lo scorso marzo, la Corte d'appello gli rende giustizia mettendolo in libertà in quanto pienamente assolto.

Innocente o meno, va in carcere con l'accusa di Mafia tenta il suicidio

Gli avevano assegnato ingiustamente l'appellativo di uomo d'onore e lui, calabrese dalla nascita ma cresciuto a Brescia, dove aveva la sua vita, non riusciva più a sostenere il peso di un calvario giudiziario così pesante, tant'è che Carmelo tentò invano il suicidio in carcere per mettere fine alla sua ingiusta sofferenza. Ora che la sua ingiusta pena è stata accertata, insieme al suo avvocato sta intraprendendo una causa di risarcimento danni nei confronti dello Stato Italiano, che non gli riporteranno indietro i 2090 giorni di prigionia, ma che potrà comunque sfruttare per rifarsi una vita.