Negli anni Settanta l’Italia e la Francia fanno scelte che avranno riflessi significativi, sia sotto il profilo economico che energetico, negli anni a seguire. L’Italia con due referendum, nel 1968 e nel 2011, chiude la porta alle centrali nucleari. La Francia, incoraggiata anche dalla crisi energetica del ’73, decide di puntare tutto sul nucleare fino a diventare la prima produttrice ed esportatrice di energia nucleare nel mondo.

I motivi che spingono gli italiani a rifiutare questa opzione è il rischio che comporta avere delle strutture nucleari in casa.

Nel tempo si sono rivelate sbagliate le scelte di entrambi i Paesi. L’Italia non ha eluso il pericolo del nucleare, perché la Francia è a quattro passi, ma ha perso i vantaggi relativi alla spesa energetica di mezzo secolo. Forse, c’illudemmo che un disastro nucleare si fermasse alle frontiere. Chernobyl, a 1700 chilometri da Roma, insegna che non è così. Delle quattro centrali nucleari francesi più vicine all’Italia, quella di Bugey è a soli 244 chilometri da Torino. Tra l’altro, si trovano in una zona a rischio sismico, sia pur moderato.

Oggi, i cugini d’Oltralpe si accorgono di aver commesso l’errore opposto. Hanno esagerato, diventando, è vero, la prima potenza nucleale (civile) al mondo ma piazzando nel Paese 19 centrali e la bellezza di 58 reattori.

L’allarme non arriva da “Sortir du nuclear”, associazione ambientalista che già cinque anni fa aveva denunciato difetti nel sistema di raffreddamento e altre gravi anomalie in 34 dei 58 reattori. Il blocco del sistema di raffreddamento fu la causa della fusione del nocciolo dei tre reattori nella centrale di Fukushima, in Giappone.

Abbiamo avuto brutte sorprese

Questo allarme arriva, invece, dal presidente dell'Asn, Autorità per la sicurezza nucleare francese, Pierre-Franck Chevet che in un'intervista esclusiva rilasciata a “Le Figaro” ammette che la situazione è molto preoccupante.

Dalle sue dichiarazioni risulta che la scoperta, nella primavera del 2015, di una crepa nella copertura del reattore sperimentale, in costruzione a Flammanville, in Normandia, fece scattare l’allarme e relativi controlli a tappeto.

Confessa che da quella data: “abbiamo avuto molte altre brutte sorprese.”

Adesso, dodici reattori sono fermi per verificare l’effetto che potrebbe causare l'eccesso di carbonio scoperto nell’acciaio. Il timore è che possa influire sulla resistenza dei generatori di vapore. Le verifiche richiederanno circa un mese, poi si deciderà sull’opportunità o meno di riavviarli. Se ripartiranno, però, andranno a pieno regime solo a gennaio 2017.

Già negli anni Novanta un allarme nucleare

Questo non è il primo caso di grave allarme nucleare in Francia. All’inizio degli anni Novanta, fu riscontrata la corrosione delle coperture di reattori attivi che, nella circostanza, l’Edf riuscì a tamponare con la sostituzione graduale delle coperture.

Chevet, nel corso dell’intervista, dichiara che, nel 2013, nella preparazione del disegno di legge sulla transizione energetica, ha avvertito sulla necessità di effettuare verifiche periodiche sui reattori, ogni 5 o 10 anni.

L’intervista si è chiude sul tema della sicurezza che, come abbiamo riscontrato, riguarda non solo i francesi ma anche gli italiani. Su questo il responsabile dell’Asn ha fornito una risposta molto “politica”: “Tutte le decisioni prese dall'Asn su questi temi si inseriscono nelle procedure di sicurezza per i reattori nucleari e, quindi, di protezione della popolazione”, poi l’immancabile: “Saremo particolarmente vigili che tale impegno sia mantenuto!