Un articolo del 'New York Times' riporta una ricerca che ha studiato come nell’ultimo decennio, grazie all’abolizione degli stereotipi di genere, almeno in parte, e alla diffusione di un’emancipazione femminile in tutti gli ambiti della società, la figura dell’uomo si è liberata dalle catene del pater familias lavoratore e dedito al fabbisogno economico del nucleo familiare, e i riflettori si sono puntati anche sul lato affettivo dell’uomo, parte che è sempre stata dedicata alla donna per consuetudine.

Che differenze ci sono tra la DPP materna e quella paterna?

La depressione post partum colpisce padri e madri indipendentemente dal genere. Sia uomini che donne presentano sintomi somatici nella fase del pre-parto, tra le sindromi più comuni c’è quella della couvade. Depressione e stati d’ansia, legati alle varie paure e preoccupazioni, sono sempre presenti, non senza senso di fatica, indebolimento fisico e nervosismo. Depressione materna e paterna viaggiano sullo stesso binario, ma hanno cause diverse, e vanno trattate secondo i bisogni dell’una e dell’altra.

Il New York Times cita lo studio di un’università del sud della California che ha condotto uno esperimento su un campione di neo genitori, e ha trovato un collegamento tra la depressione paterna e i livelli di testosterone in ognuno dei padri.

Questo prova scientificamente l’esistenza di una depressione paterna, diversa da quella materna.

Quali possono essere le cause della DPP paterna?

Dallo lo studio di Pellais sono emersi i problemi principali con cui i neo padri hanno a che fare in tutte le fasi della gravidanza della propria compagna.

In primis ci si deve preoccupare del sostegno economico, inevitabilmente sotto il controllo del padre, poiché si tende a dare il meno stress possibile alla donna in dolce attesa, che da sola occupa il ruolo principale della gravidanza.

Le neo madri inoltre sono costrette a interrompere l’attività lavorativa per ovvie ragioni, e questo aggrava il senso di responsabilità sul padre, provocandogli stress e nervosismo.

L’altro aspetto interessante dello studio è il riscontro di un’angoscia da parte del padre per l’imminente mancanza di tempo e spazi interamente dedicati a sé, soprattutto dopo la nascita del bambino, quando sarà lui a doversene occupare per lasciare un periodo di riposo alla madre dopo i nove mesi di travaglio.

Il solo pensiero che verranno eliminati del tutto i momenti di svago, anche se rari, manda in panico il padre, che inizia a sentirsi costretto in una situazione, dal suo punto di vista, spiacevole, e gli impedisce di godere fino in fondo dei momenti più significativi della famiglia.

Come si arriva alla diagnosi di DPP paterna?

Come ogni tipo di depressione, anche quella legata al parto è un disturbo psichico, quindi difficile da interpretare, e difficile da curare, ma non impossibile se si dispone della collaborazione del paziente. I metodi per arrivare ad una diagnosi attendibile sono sostanzialmente quelli utilizzati per la DPP materna, tuttavia sono stati ideati dei test con criteri appositi per i neo padri, come questionari di self-report Beck Depression Inventory.

Tra gli studi più famosi che riguardano la tematica del parto in ambito maschile, c’è quello di Ramchandani che valida il test EPDS (Edinburgh Postnatal Depression Scale)

Oltre le formalità è però importante riconoscere eventuali sintomi o comportamenti sospetti nel proprio marito, amico, o figlio, che sta per diventare padre, perché spesso li si confonde con banali stati d’ansia che sono naturali e istintivi in prossimità del parto o nei primi tempi dallanascita del bambino.

La depressione post partum è invece un disturbo, e da tale va analizzato e va curato, come tutti gli altri disturbi psichici, spesso ritenuti soltanto momenti transitori o periodi di difficoltà legati a fattori esterni, dimenticandosi delle cause insite in coloro che soffrono, ed impedendo così un’eventuale miglioramento, ma anzi, favorendone un regresso.

Quanto ha influito la caduta della società patriarcale sul fenomeno della DPP paterna?

Non molto tempo fa l’uomo non era considerato minimamente sul piano emotivo e affettivo, i clichè sull’uomo come guida e come sostegno indistruttibile era una colonna portante dell’equilibrio della società. Non da molto infatti, le donne hanno iniziato ad avviare una propria carriera lavorativa, ad abbandonare grembiule e ferro da stiro, e ad immergersi in contesti d’impiego dove responsabilità e buste paga non sono diversi da quelle dei colleghi.

Non è raro trovare uomini ‘casalinghi’ oggi, padri che si occupano dei figli e della casa mentre le donne lavorano: questo ha aperto gli occhi sulla sfera emotiva maschile, che è sempre stata schiacciata dagli stereotipi di massa, e che adesso pretende di essere visibile e altrettanto legittima, come è giusto che sia.

Il cambiamento della visione della società sulla componente maschile ha senz’altro aiutato a scoprire il problema della DPP paterna, che c’è sempre stata ma finalmente oggi ha un nome e una spiegazione.

Ripercussioni della DPP sul rapporto coniugale

Non poche donne hanno riportato episodi di outburst da parte del compagno, che si sente escluso dalla diade madre-figlio, durante il primo anno di vita del bambino, atti di violenza o comportamenti aggressivi.

La coppia è la bilancia della stabilità familiare, dove al centro ci sono i figli, e se questa dovesse caricarsi troppo da una parte il clima adatto ad accogliere il bambino e a permettere ai genitori di vivere serenamente questa situazione, si spezzerebbe, e le conseguenze potrebbero arrivare ad essere distruttive per tutti. E’ importante quindi rivolgersi ad un terapeuta di coppia che segua le fasi della gravidanza e sia un supporto psicologico per entrambi i futuri genitori, senza escludere corsi e terapie pre-parto o spazi di confronto con altre famiglie che condividono lo stesso percorso.