Un’indagine condotta da Augustine Kong, docente e ricercatore nelle università di Oxford e dell’Islanda, svela dei particolari decisamente interessanti che irrompono nel dibattito scientifico: esiste un nesso tra Dna e cultura e, più precisamente, anche la cultura ha un suo corredo genetico.

La ricerca pubblicata sulla rivista Science, analizza il DNA di oltre 21mila islandesi e mette in evidenza un corredo genetico particolare costituito dal 50 % di geni non trasmessi direttamente dai genitori: la metà dei geni non ereditati, come analizza il genetista Giuseppe Novelli, fa sentire il proprio impatto sui figli mediante l’influenza che gli stessi geni hanno sui genitori e i fratelli.

Analizzando il rapporto tra livello d’ istruzione dei figli con il patrimonio genetico non direttamente ereditato dai genitori, si è scoperta l’influenza dei geni silenziosi in grado di condizionare per 1/3 la preparazione scolastica dei figli in relazione ai geni non trasmessi dal padre, mentre i corrispettivi della madre hanno un impatto percepibile nei campi della salute o delle abitudini alimentari. Esiste dunque una correlazione tra geni e DNA in grado di influenzare gli individui senza che vi sia un necessario trasferimento di geni.

DNA della cultura, educazione e sviluppi futuri

Dopo anni in cui il dibattito scientifico si è scisso, questa ricerca mette in evidenza la correlazione tra DNA e cultura, ponendo l’accento sulla presenza di un patrimonio genetico che influenza la preparazione intellettuale di ogni individuo.

La ricerca portata avanti da Augustine Kong accende i riflettori su una presunzione che ad oggi diviene vera e propria scoperta scientifica: gli ambienti influenzano la sfera personale del soggetto e contribuiscono ad una maturazione intellettuale, alle attitudini salutari, alimentari e in particolare comportamentali. L’educazione è infatti al centro della ricerca scoprendo che le pulsioni esterne condizionano il modo di agire e pensare dell’individuo, ponendo il momento della formazione come nodo focale da cui si dipanano le scelte che il soggetto compirà nelle relazioni interindividuali.

Questa scoperta potrebbe rappresentare un punto di svolta importante, come sancisce Valter Tucci, esperto di genetica, poiché potrebbe aprire la strada a nuove ipotesi in relazione al comportamento e allo sviluppo di patologie quali la schizofrenia l’antisocialità e permetterebbe ancora d’indagare il nesso tra rendimento scolastico e singolo ragazzo, facendo sul mistero che avvolge tutt’ora il cervello umano.