Grindr, l’app di dating tra le maggiori al mondo, è attualmente nell’occhio del ciclone per una fuga di notizie ancora più grande e peggiore dello scandalo di Facebook e Cambridge Analytica.

Un furto in regola

Grindr è un’applicazione particolarmente famosa tra il pubblico LGBT, incorporando infatti tutti quei generi sessuali- gay, trans e simili- generalmente tenuti di poco conto dai social e i siti di dating tradizionale. Con un’utenza giornaliera che sfiora i 4 milioni di persone, è senza dubbio degna di fiducia da parte di chi la frequenta. O almeno, così è stato fino ad oggi.

Due colossi del marketing informatico, Localytics e Apptimize, entrambi statunitensi, sono stati infatti accusate di aver ottenuto informazioni su moltissimi degli utenti di Grindr. Informazioni generalmente private, che questi condividevano in chat o con altre persone, tra le quali spiccano i test sulla sieropositività e le date degli ultimi test clinici.

La storia assume poi connotati ancora più inquietanti, se si pensa che tramite informazioni sulla localizzazione, sull’ID del telefono, sulla E-mail dell’utente, le due aziende americane potevano risalire senza alcun problema all’identità reale della persona.

La difesa di Grindr

In seguito allo scandalo, Grindr ha rilasciato una comunicazione sui social, dichiarando di non aver mai venduto le informazioni private degli utenti ad alcuna azienda.

Aggiungendo poi che i due colossi Localytics e Apptimize avevano accesso alla privacy dei profili solo col fine di migliorare l’applicazione, sottostando ad accordi legali per mantenere la sicurezza dei dati raccolti.

La cosa non è certo di conforto, per gli utenti che si ritrovano a scoprire che aziende che nemmeno conoscono possono sapere i loro dati più personali, dal loro indirizzo di casa ai loro test sull’Hiv.

Cooper Quintin dell’Electronic Frontier Foundation (azienda che si occupa della difesa della privacy online) ha infatti dichiarato che “a prescindere dagli accordi sicuri, è un dato di fatto che ci sia un’altra azienda, in un altro luogo, in cui quelle informazioni sensibili vanno a finire”.

Privacy o Non Privacy?

Un problema non da poco, vista la continua fuga di notizie che vengono scoperte giorno dopo giorno.

E a pagare le spese è indirettamente l’utente. Perché se è vero che spesso il fine è quello di usare i dati sensibili per migliorare le app o i siti di cui si usufruisce, resta il fatto che si tratta di una manovra di marketing bella e buona. E già per questa ragione la rabbia e l’indignazione sono più che comprensibili.

Bryce Case, capo della sezione sicurezza di Grindr, ha tenuto ad evidenziare come “Grindr non ha mai pubblicato, né pubblicherà mai alcun dato sensibile a settori come quelli degli inserzionisti o dei creatori di algoritmi pubblicitari”.

Ma dove finisce la sicurezza e dove comincia la distruzione della privacy? Difficile dirlo. Ciò che senza dubbio si sta imparando in questo periodo storico del web 2.0 è che le funzioni informatiche che ormai diamo per scontate hanno più potere di quanto si potesse immaginare; o meglio, si sarebbe potuto immaginare come applicazioni che comprendono milioni di persone avessero il potere dalla loro parte. L’unico consiglio possibile, in questo caso, è badare a cosa si “posta” online, leggendo magari le Linee Guida con più attenzione.