In Italia, negli ultimi 40 anni, sono stati circa sei milioni i bambini mai nati a causa dell'interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Questi, secondo l'associazione antiabortista Provita, sarebbero gli effetti sortiti dalla legge 194 sull'aborto volontario, emanata nel 1978 e approvata in seguito al referendum del 1981. Provita ha preso parte ad un incontro al Senato, tenutosi in data 11 aprile 2018, al quale sono intervenuti diversi senatori della Lega e la senatrice Isabella Rauti di Fratelli d'Italia.

La tesi sostenuta dall'associazione antiabortista è stata quella della grave mancanza d'informazione sui rischi legati all'interruzione di gravidanza chirurgica e farmacologica.

Dopo lo scandalo della gigantografia di Provita affissa per le strade di Roma, l'associazione è tornata nuovamente all'attacco, ricorrendo ad una sede prettamente istituzionale, grazie anche al sostegno di alcuni esponenti della Lega e di Fratelli d'Italia. Nello specifico, è stato chiesto al ministero della salute di migliorare le informazioni riguardanti le conseguenze di un aborto, affinché ogni donna che voglia intraprendere questa strada sia debitamente messa al corrente: a tal proposito, Provita ha lanciato anche una petizione affinché venga svolta una più efficace campagna informativa sull'argomento.

Per far fronte agli effetti consequenziali alla legge 194, il senatore leghista Simone Pillon ha avanzato la proposta di applicare un "tagliando" alla normativa: "per assicurare una piena applicazione della prima parte della legge, che è quella che punta a rimuovere gli ostacoli che spingono la donna ad abortire". L'obiettivo, ha aggiunto il senatore, sarebbe quello di arrivare a "zero aborti".

Provita, dunque, sta portando avanti una vera e propria battaglia sul fronte dell'interruzione volontaria di gravidanza, schierandosi contro l'idea che l'IVG sia una scelta spettante unicamente alla donna.

Pro-life e Pro-choice

Il dibattito sull'IVG contrappone due punti di vista piuttosto distanti tra loro: da una parte c'è chi vorrebbe vietare l'aborto o, per lo meno, introdurre dei limiti più serrati; dall'altra, invece, si trovano coloro il cui obiettivo è proprio la tutela dello stato di legittimazione dell'IVG, sostenendo che questa scelta debba spettare unicamente alla donna coinvolta.

I primi si autodefiniscono Pro-life (traducibile in "a favore della vita") e sostengono che l'embrione sia già un essere umano a tutti gli effetti che, in quanto tale, dovrebbe godere del diritto alla vita esattamente come avviene per tutti i suoi simili. Di solito, questo diritto viene riconosciuto dopo la nascita, dunque non sarebbe vigente per l'embrione in via di sviluppo. Molti gruppi religiosi sono tra i sostenitori del Pro-life, considerando l'embrione al pari di qualsiasi vita umana.

La controparte, invece, viene definita Pro-choice (che letteralmente vuol dire "a favore della scelta"). I sostenitori di questo gruppo sono coloro che non ritengono di poter giudicare motivazioni così personali.

Costoro, infatti, pongono in primo piano la libertà di scelta e di espressione personale, ritenendo che un embrione non possa ancora essere visto come un essere umano compiuto. Inoltre richiedono che ci sia una legislazione più chiara e definita, arrivando a stabilire cosa e come sia possibile fare, e stabilendo in modo corretto ed efficace tutto ciò che sia necessario in questi casi.