Immaginiamo che non si tratti degli Stati Uniti d’America, detentori ad oggi del primato per il maggior tasso di reclusione (666 detenuti ogni 100 mila abitanti nel 2016 e 726 ogni 100 mila nel 2017) e per il possesso di armi da fuoco (un totale di circa 270 milioni, il 42% di quelle attualmente esistenti su scala globale nonostante gli americani rappresentino solo il 4,4% della popolazione mondiale).
Immaginiamo ora che poco più di una settimana fa, in Texas, non si sia consumata la ventiduesima sparatoria all’interno di una Scuola dall’inizio del 2018. Immaginiamo infine che la statistica che mostra come sul totale dei Videogiochi venduti in USA nel 2017 il 25,9% abbia come tema le sparatorie e solo l’11,6% riguardi sport-games sia errata. Ecco, solo allora (ma probabilmente nemmeno in quel caso) si potrebbe trovare un valido motivo al lancio del nuovo videogioco digitale “Active Shooter” - di proprietà della Valve Corp. - che consente tra le opzioni di gioco di simulare una strage all’interno di una scuola, uccidendo poliziotti e civili.
Un "no" da 200.000 firme
Pubblicato presumibilmente dalla società russa “Acid”, il videogioco che offre la possibilità di vestire sia i panni di un agente delle forze SWAT sia di un giovane killer, sarebbe dovuto essere disponibile all’acquisto – per una cifra, tra l’altro, non superiore a 10 dollari - a partire dal prossimo 6 giugno, ma a sbarrare questa possibilità per ora sarebbero le firme di quasi 200.000 persone.
Grazie alla petizione online promossa dall’attivista statunitense Stephanie Robinett, che ha sottolineato come ciò sia accaduto “a causa di tutto ciò che i miliardari del mondo tech nascondono quando fanno qualcosa di moralmente corrotto ma legalmente accettabile”, i fautori della Acid hanno infatti eliminato il gioco, che oltre alla reazione del grande pubblico, ha suscitato anche l’indignazione delle autorità politiche.“Questo è imperdonabile” è stato il lapidario commento del senatore della Florida Bill Nelson.
“Qualsiasi compagnia che sviluppa un gioco come questo sulla scia di una tragedia così orribile dovrebbe vergognarsi di sé stessa”.
I numeri del paradosso americano
Nonostante il numero di armi da fuoco prodotte negli Stati Uniti sia praticamente raddoppiato negli anni passati quello delle famiglie che ne possiedono almeno una è progressivamente diminuito dal 50% al 31%: a differenza di quanto potrebbe sembrare nonsi tratta un dato rincuorante, poiché significa che i “pro-guns” sono numericamente inferiori ma molto più armati di prima.
Ad evidenziare come questo drammatico picco non sia però esclusivamente correlato al numero effettivo di armi disponibili è stato uno studio condotto nel 2015 dal criminologo Adam Lankford, che ha mostrato come nel 2009 il tasso di omicidi compiuto con un’arma da fuoco negli Stati Uniti corrispondesse a 33 su un milione di persone, mentre in Canada (paese con disponibilità di armi simile) fosse invece di 5 su un milione. Queste cifre mettono così in luce un problema molto più sociale che economico-politico, caratterizzato da una profonda ambivalenza tra la volontà generale di limitare le stragi causate dalle armi e la diametralmente opposta fermezza nel non voler rinunciare al possesso e utilizzo di queste ultime.
Da un recente studio del PewResearch Center si evince infatti che complessivamente il 52% degli americani sostiene che le leggi sulle armi dovrebbero essere più rigide (mentre “solo” il 30% afferma che esse siano già adeguate e il 18% che dovrebbero essere addirittura meno severe di quanto già sono). Eppure paradossalmente ben il 64% di loro dichiara che il possesso di armi dovrebbe essere concesso alla maggior parte delle persone, aggiungendo inoltre che tali armi dovrebbero essere consentite in numerosi luoghi pubblici e privati (35%) e che la maggior parte di esse dovrebbe essere legalmente disponibile per la vendita in USA (41%), mentre solo il 10% degli americani è contrario alla compravendita di qualsiasi tipo di arma.
Insomma, sembrerebbe che gli statunitensi vogliano la botte piena e la moglie ubriaca ma - come mostrano le oltre 1.500 stragi di massa che da cinque anni a questa parte hanno tinto di nero la cronaca locale - quella botte tanto difesa sembra ormai straripante di vittime.