Novità relative al caso Cucchi, novità scottanti che concernono l'atteggiamento di alcuni vertici dell'Arma dei carabinieri. Repubblica.it ha pubblicato l'audio di un dialogo telefonico intercettato dagli agenti della Squadra mobile. La telefonata risale allo scorso 22 settembre 2018. Erano le tre del pomeriggio e il maresciallo Massimiliano Colombo, comandante della stazione dell'Arma di Tor Sapienza, aveva chiamato Gianluca Colicchio, appuntato, per metterlo al corrente della sua iscrizione nel registro degli indagati, per falso, nell'ambito dell'inchiesta sulla morte del geometra romano Stefano Cucchi.
Una conversazione importante
Audio 'scottante' quello depositato nelle ultime ore dal pm Musarò, nel giudizio relativo all'omicidio di Stefano Cucchi. Repubblica.it ha pubblicato l'audio, sottolineando che si tratta di un discorso determinante che ricostruisce la formazione di diversi falsi predisposti dai vertici dell'Arma dei carabinieri di Roma. Falsi approntati per sviare la ricerca della verità. Il maresciallo Colombo Labriola parla al telefono con l'appuntato Colicchio riguardo alla sua iscrizione nel registro degli indagati per falso ideologico e materiale. Repubblica scrive che il maresciallo solo 'apparentemente' sembra stupito relativamente alla chiamata a rispondere dei falsi che, 9 anni fa, vennero intimati di dichairare dal tenente colonnello Francesco Cavallo per celare le pessime condizioni di salute del Cucchi dopo il pestaggio.
La conoscenza dei falsi
Secondo Repubblica.it, Colicchio e l'appuntato Francesco Di Sano sono al corrente, come del resto il maresciallo Colombo, della realtà di quei falsi, quindi dei responsabili e di chi si adoperò per garantirne la perfetta esecuzione (ovvero il comandante della stazione Montesacro Talenti, maggiore Luciano Soligo).
Di Sano, Colicchio e Colombo sarebbero al corrente, dunque, del fatto che i vertici dell'Arma avessero contezza della falsificazione degli atti, della manipolazione diretta ad allontanare qualsiasi rischio dagli autori del pestaggio di Stefano, ossia i militari che gli misero le manette nella notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009.
Nel corso della conversazione telefonica intercettata, il maresciallo afferma che, se indagano lui, devono essere iscritti negli indagati anche i suoi superiori, ovvero il generale Vittorio Tomasone e il colonnello Alessandro Casarza.