Donato Carbone, 63 anni, era stato freddato con ben 11 colpi di pistola lo scorso 16 ottobre, mentre si trovava nel sotterraneo del condominio in cui viveva a Cernusco sul Naviglio, per lasciare la vettura nel box auto. L’ex imprenditore edile di origine tarantina era morto in quella che agli inquirenti era sembrata a tutti gli effetti un’esecuzione. Tuttavia il killer, dopo aver ucciso la vittima, si era imbattuto in una residente nel palazzo, costretta dall’uomo ad azionare il meccanismo di un cancello elettronico, che nel frattempo si era chiuso.

La donna, pur non riuscendo a vedere il volto dell’assassino, aveva preso il numero di targa della sua auto, risultata rubata e ritrovata abbandonata qualche ora dopo a Cologno Monzese. Dopo circa un mese di indagini, i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano hanno arrestato i due presunti responsabili, su ordine del gip Natalia Imarisio: si tratterebbe dell’uomo che ha eseguito il delitto e del mandante.

La vittima era coinvolta in un giro di usura

Secondo gli inquirenti il movente dell’omicidio sarebbe legato ad una questione di soldi. Infatti la vittima sarebbe stata coinvolta in un giro di affari illeciti con l’uomo che poi l’avrebbe fatto uccidere.

Si parla di una serie di prestiti ad usura: sulla gestione di queste attività criminali sarebbero sorti dei dissidi tra i due. Per gli investigatori è stato difficile risalire ai responsabili, perché apparentemente non risultava esistere alcun rapporto diretto tra Carbone e l’uomo che l’ha fatto ammazzare. Infatti i due si erano conosciuti più di trent’anni fa e da allora sembravano non essersi più incontrati: era difficile immaginare che avessero messo su un business illegale insieme. I carabinieri hanno chiarito anche il motivo degli undici colpi sparati dal killer, che inizialmente avevano fatto pensare ad un giovane malvivente alle prime armi. Invece si è scoperto che la pistola utilizzata nell’agguato si era inceppata al terzo colpo, tanto da obbligare l’esecutore a prendere una seconda arma che portava con sé per finire il 63enne, che nel frattempo si era riparato dietro la sua automobile.

I responsabili sono due pregiudicati di origine siciliana

I due uomini finiti in prigione con l’accusa di omicidio aggravato sono entrambi pregiudicati di origine siciliana che da anni vivono al Nord, uno a Cologno Monzese e l’altro nel Bresciano. In particolare il mandante del delitto è originario della provincia di Trapani ed ha precedenti per traffico di droga. È stato lui il primo ad essere individuato: solo in una seconda fase delle indagini si è arrivati al killer, nato a Palermo e molto noto nell’ambiente malavitoso siciliano. Nel suo passato anche un arresto per associazione mafiosa; tuttavia era stato scagionato da questa accusa. Per il gip Natalia Imarisio si tratta di “criminali di alta caratura”, dietro ai quali potrebbe celarsi un giro di illeciti con elevati volumi di affari.

Nel corso delle indagini i carabinieri hanno eseguito sei perquisizioni che hanno portato a recuperare materiale utile per ricostruire gli eventi a comprendere meglio le attività illecite che si celavano dietro questo delitto.