"Qui vive un antifascista". Così il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha voluto rispondere all'ignobile gesto di imbrattare con una scritta antisemita la porta di casa di Aldo Rolfi, figlio della partigiana Lidia Beccaria Rolfi. La scritta 'Juden Hier', ovvero "Qui vivono ebrei" era comparsa a Mondovì, provincia di Cuneo, sulla porta di un'abitazione con tanto di stella di David disegnata con uno spray nero.
Non una casa qualunque, ma quella in cui ha vissuto fino alla morte (avvenuta nel 1996) Lidia Rolfi, deportata a Ravensbruck.
La risposta del primo cittadino di Milano è arrivata via social: ha pubblicato una foto in cui si vede la porta d'ingresso della sua abitazione con la scritta 'Antifa Hier', ovvero "Qui vive un antifascista". Giuseppe Sala ha poi postato una foto che mostra la scritta sul proprio profilo Instagram, con il commento: "Qui vivo io". Il gesto di solidarietà del sindaco Sala per quanto accaduto a Mondovì ha trovato tantissimi riscontri positivi e in brevissimo tempo il suo post ha guadagnato migliaia di like.
Solidarietà al figlio della partigiana Rolfi
Malgrado la pioggia, un centinaio di persone è sceso in piazza ieri per dimostrare solidarietà con Aldo Rolfi, figlio della partigiana, vittima del gesto antisemita. Per Aldo Rolfi non si tratta di una ragazzata, ma di un gesto che ha alle spalle una situazione di impoverimento culturale. Nelle scuole, racconta Rolfi, non si spiega più cosa fu l'Olocausto e in un liceo dove era andato a testimoniare si è sentito addirittura chiedere da una professoressa 'in che modo venivano organizzate le scuole ad Auschwitz'. Aggiunge poi che sua madre oggi riderebbe dell'accaduto, ma evidenzierebbe il fallimento di tutti perché, nonostante l'orrore dei campi di concentramento, ancora c'è chi compie gesti di chiara matrice antisemita.
La reazione del Comune di Mondovì
Il sindaco di Mondovì, Paolo Adriano, ha annunciato di aver organizzato per lunedì 27 gennaio, Giorno della Memoria, un corteo con fiaccolata che partirà dal Palazzo Comunale e si concluderà in via Lidia Rolfi. Un gesto per esprimere la solidarietà della popolazione alla Comunità Ebraica ed a tutte le persone che sono state offese e per ribadire con forza il “no” a qualunque forma di antisemitismo, al razzismo e all'ignoranza.
Nel frattempo, a seguito della denuncia dei proprietari dell'abitazione, si cercano i responsabili del gesto antisemita. Ad occuparsi delle indagini investigatori della Digos, della questura di Cuneo e dei carabinieri.
La scritta è comparsa sulla porta della casa di Lidia Rolfi, dove la partigiana ha vissuto fino alla morte, ma la famiglia che è stata presa di mira dal gruppo antisemita in realtà non è di origine ebraica.
Lidia Beccaria Rolfi è nata nel 1925 a Mondovì ed è entrata nella Resistenza assumendo il nome di battaglia di “maestrina Rossana”. Arrestata il 13 aprile del 1944 dai fascisti della Guardia Nazionale Repubblicana fu consegnata poi alla Gestapo e deportata nel campo di concentramento di Ravensbruck. Superstite dell'eccidio, al suo ritorno ha raccolto i suoi tragici ricordi nel libro “Le donne di Ravensbruck" in cui racconta gli orrori dei lager. Quello di Lidia Rolfi è il primo libro in italiano sulla deportazione femminile.
Il precedente: gli adesivi a sfondo antisemita comparsi nel marzo del 2018
L'iniziativa del sindaco di Milano Giuseppe Sala riporta alla memoria quanto accaduto a Pavia e poi in altre parti d'Italia nel marzo del 2018.
Subito prima delle elezioni politiche sulle case di militanti antifascisti di Pavia comparvero adesivi su cui era scritto "Qui abita un antifascista". Un gesto che voleva essere una provocazione o, peggio, un’intimidazione che riportava indietro nel tempo a uno dei periodi più bui della nostra storia, quando i dissidenti e gli ebrei venivano marchiati. La risposta antisemita e antifascista in quel caso è stata affidata alla penna del fumettista Zerocalcare che, reinterpretando gli adesivi, ne fece un simbolo da affiggere sulle abitazioni, un segno per testimoniare l'impegno nel combattere il ritorno di pericolose ideologie.