Giuditta Bellerio nacque a Milano il 16 gennaio 1804. Figlia di un magistrato del regno d'Italia, il barone Andrea Bellerio, all'età di sedici anni sposò Giovanni Sidoli, un ricco proprietario terriero di Montecchio Emilia, ardente patriota che apparteneva alla Carboneria modenese (pseudonimo "Decade"). Nel 1821, inseguito da mandato di cattura, Sidoli si rifugiò in Svizzera dove Giuditta lo raggiunse dopo la nascita della figlia Maria. Lì nacquero altri tre figli (Elvira, Corinna e Achille).

Nel 1928 il barone morì a causa di una malattia polmonare.

Il suocero di Giuditta, fedele a Francesco IV, le tolse i bambini; era contrario a far crescere la discendenza da una "ribelle". La madre non li poté vedere per otto anni. Fu un tremendo prezzo per aver voluto una patria libera e unita.



Nel 1831 rientrò in Italia, invitata da Ciro Menotti; partecipò ai moti di Reggio Emilia e fu scelta per consegnare il neonato tricolore alla Guardia Civica che lo fece sventolare sul municipio.

La repressione austriaca fu feroce, Giuditta accusata di essere propagandista e rivoluzionaria dovette lasciare il Ducato e si rifugiò a Ginevra prima e a Marsiglia poi. La sua modesta abitazione francese fu frequentata da patrioti italiani esuli che ospitò con entusiasmo.

Fra questi c'era Giuseppe Mazzini del quale divenne amante e collaboratrice politica.

Nel 1832 i due fondarono il giornale "La Giovine Italia".  Giuditta e Mazzini furono perseguitati anche a Marsiglia e furono costretti a rifugiarsi a Ginevra. Lì Giuditta curò Giuseppe che si era gravemente ammalato.



Nel 1833 si separò da Mazzini e tornò in Italia con documenti falsi per vedere i suoi figli.

Partecipò a diversi moti rivoluzionari e cospirazioni a Livorno, Firenze, Roma, Milano e Bologna.

Nel 1849 venne incarcerata a Modena. L'anno dopo Radetzky la fece trasferire a Milano. Caduto in disgrazia, Radetzky fu sostituito dal più tollerante con i nobili generale Gyulai, che le fece evitare il carcere. Poi Giuditta si trasferì a Torino dove fondò un salotto politico frequentato dalle maggiori personalità risorgimentali dell'epoca.

Giuditta Bellerio contribuì tantissimo a preparare il terreno culturale che portò poi alla seconda guerra d'indipendenza. Nel 1868 la nobildonna patriota si ammalò gravemente di tubercolosi. Colpita da polmonite, morì il 28 marzo 1871. È sepolta nel Cimitero monumentale di Torino.