Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, due pontefici che più diversi non si può, sono stati canonizzati insieme da Papa Francesco I e da domenica 27 aprile 2014 sono venerati come Santi da tutta la cristianità.

L'uno, Giovanni XXIII, figlio di umili mezzadri della pianura bergamasca, approdato al soglio di Pietro in età avanzata, sarà Papa per soli cinque anni, del 1958 al 1963, un papa "di transizione" come si pensava. Ma nei pochi anni del suo magistero Roncalli si dimostrerà ben altro che un Papa di passaggio, tanto da lasciare una impronta indelebile nella memoria e nel cuore dei suoi contemporanei.

Per tutti fu "il Papa buono" per le doti di umanità e bonarietà che lo contraddistinsero e che unite alla sua abilità diplomatica seppero guadagnargli il rispetto e l'ammirazione anche dei potenti della terra. Sua l'apertura alle chiese e alle società orientali e il dialogo coi non credenti, sua l'idea del Concilio Vaticano II, sua l'enciclica "Pacem in Terris".

Il secondo, Giovanni Paolo II, il Papa venuto dall'Est, il primo pontefice non italiano dopo 455 anni, ha impersonificato la figura del combattente per la fede. Nel corso del suo quasi trentennale pontificato (1978-2005) ha portato la croce di Cristo in ogni angolo del pianeta nei suoi 104 viaggi all'estero. Anche fisicamente papa Wojtyla rappresentava l'idea della forza volitiva: atletico, da sempre appassionato di sport, anche da papa non trascurava, quando gli impegni glielo consentivano, di frequentare in incognito le piste da sci.

Ha combattuto la teologia della liberazione e il Comunismo e avuto un peso determinante nel crollo del socialismo reale, ma più volte ha tuonato anche contro le degenerazioni del sistema capitalistico. Gravemente malato e infermo negli ultimi anni del suo pontificato, Giovanni Paolo II fu fino all'ultimo un papa fortemente "mediatico".

Due figure molte diverse fra di loro, dunque. Unite certo nell'amore di Cristo, della Chiesa e del suo popolo, ma con una lettura del mondo secolare e del suo rapporto con la missione evangelica affatto diversi.

Se è vero che la Chiesa proclama santi coloro che, più degli altri si distinguono per fedeltà al Vangelo, perché siano da esempio per tutti, non rischia, proponendo contemporaneamente alla venerazione dei fedeli due modelli tanto diversi, di ingenerare confusione, di confondere le coscienze?

Sarebbe facile rispondere che, evidentemente, non è così perché anzitutto non esiste un unico modello di santità e la coerenza con il Vangelo si può esprimere in forme diverse a seconda dei tempi, del contesto, della personalità e del "carisma" di ciascuno. E inoltre un Papa, qualsiasi papa, è comunque "santo", e quindi esempio da imitare a prescindere, tanto che in vita ci si rivolge a lui col titolo di "Sua santità". E questo ad indicare che la sua designazione non è opera dell'uomo ma è opera divina, ispirata dalla Spirito Santo che, come fa dire Giovanni nel suo Vangelo a Gesù, soffia dove vuole.

Rimane comunque sullo sfondo questa immensa moltitudine di fedeli (500.000 solo in piazza S.

Pietro e immediati dintorni, un milione nella capitale) venuti da ogni dove a seguire per ore l'evento della canonizzazione dei due pontefici con una partecipazione emotiva quasi parossistica. Forse a significare, in tempi così precari e avari di certezze, il bisogno di riconoscersi e identificarsi con modelli a tutto tondo, che diano sicurezza e aiutino a tenere viva la speranza.