Per quanto una certa spregiudicatezza giovanilistica gli abbia finora giovato, Matteo Renzi, prendendo di punta il sindacato, commette un errore.

E non soltanto perché è disdicevole trattare con un pregiudicato le riforme istituzionali che ridisegneranno la fisionomia del paese e contemporaneamente ignorare a bella posta la triplice sindacale (che rappresenta pur sempre, nel bene e nel male, alcuni milioni di lavoratori e di pensionati), proprio sui temi di una riforma fondamentale come quella del lavoro che rappresenta la sua ragione di esistere.

Che la musica sia cambiata, come sostiene il Presidente del Consiglio, è ancora un po' presto per dirlo, dato che la maggior parte dei suonatori è ancora al proprio posto e quelli nuovi, pur bravi e volenterosi che siano, stanno ancora accordando gli strumenti e non sanno ancora bene quale spartito suonare.

Ma perché Renzi sbaglierebbe a contrapporsi al sindacato?

Anzitutto perché, così facendo, rottama di fatto la prassi della concertazione tra il Governo e le parti sociali che aveva caratterizzato gli anni di questo inizio di secolo e che neanche i governi di centro destra, seppure ne avessero avuto la tentazione, hanno osato levare di mezzo.

Ciò non solo marginalizza il sindacato complessivamente inteso, ma ne mette alle corde la componente concertativa e, specularmente, ridà fiato e argomenti alla componente più conflittuale.

Cosa che il congresso della CGIL in corso in questi giorni sta puntualmente registrando.

Conviene al governo Renzi, con tutta la carne che ha messo al fuoco, correre il rischio di aprire un ulteriore fronte sul versante della protesta sociale che, per bene che vada, non farebbe che rallentare la sua azione riformistica?

Renzi inoltre, deus ex machina di un meccanismo che lui stesso ha messo in moto, un congegno che procede a tappe forzate senza soste né ripensamenti, sta correndo un ulteriore duplice rischio: quello di rottamare tutto ciò che sa di vetusto senza esercitare il giusto discernimento e quello di sottovalutare gli interlocutori.

Per quanto di questi tempi i sindacati dei lavoratori non navighino in buone acque e debbano fare i conti con un problema di perdità di rappresentatività e di consenso, rimangono comunque una componente indispensabile, uno snodo essenziale del nostro sistema democratico e non si possono né ignorare né bypassare.

Renzi farebbe bene a considerarli una risorsa anziché un ostacolo.