Il linguaggio del colore è il titolo di questa personale che ha per autore Giuseppe Dimaria. Inaugura il 3 giugno alle 19.00 fino al 15 nella Galleria Plaumann, a Milano. Si tratta di uno studio sui colori, di una narrazione estetica imperniata sul dialogo tra il pittore ed essi; tutto ruota sulla capacità di questi ultimi di trasmettere emozioni e stati d'animo, oltre al loro modo di rappresentare l'universo del sogno e quello del reale.

Dunque, partendo da un piccolo nucleo di opere che raccontano, in chiave impressionista, differenti prospettive oniriche, susseguono alcuni lavori che hanno per soggetto la città, che di fatto è New York, fino al protrarsi in dipinti che si muovono sul territorio dell'emozione, nei quali si privilegia la forma espressionista della rappresentazione.

Uno spunto sulla spiritualità si accenna in due ulteriori lavori, ideati poco prima di questi ultimi appena citati.

Attraverso la ricerca messa a punto da Dimaria abbiamo l'opportunità di cavalcare una grande onda del tempo che inizia ad innalzarsi nell'atmosfera a partire da circa la metà del milleottocento, quando appunto in pittura si comincia a dare maggior importanza al colore invece che al disegno, puntando sulla soggettività dell'artista e sulle sue emozioni. D'altra parte l'impressionismo non è così distante dall'espressionismo: l'interesse nascente dagli impressionisti per l'immagine impressa sulla retina conduce a un trasferimento della concentrazione che dalla realtà oggettiva porta alla ricezione soggettiva; mutazione fondamentale che ha sviluppato un'accesa attenzione sull'interiorità dell'essere umano, dopo poco mossa dall'occhio al cuore.

Osservando i quadri trasognanti di questo pittore contemporaneo lombardo, saremo colti da una estrema serenità; le tonalità offuscate che dormono in mondi ovattati conducono sul piano del sogno, all'interno del quale l'oggettività del reale è come protetta da un velo, giacente sotto sfumature di colore, diventando simbolo di un messaggio.

Superando le proprie impressioni, Dimaria si spinge nel profondo, mettendo in atto un'ulteriore urgenza espressionista. Similmente agli espressionisti, per i quali gli occhi dell'anima sono le radici della poetica che li appartiene, Dimaria valorizza le emozioni, con il suo gesto pittorico, come se davvero avesse fatto un salto nella profondità di uno sguardo.

Ritratti, particolari del volto, nature morte sbocciano dalla radiosità e dall'energia di tinteggiature variopinte, così come sarebbe veramente se le immagini potessero prendere forma dall'interiorità dell'animo umano, colto da estrema positività e esuberanza. Poiché l'Arte ha il potere di influenzare chi la osserva e in Dimaria l'estetica racchiude quella forza smisurata che induce alla vita e al suo protrarsi.

Gli occhi che ci osservano sono i suoi stessi occhi. In tutto il percorso espositivo si avrà la possibilità di entrare in contatto con ciò che l'artista è, con la sua sensibilità, con le dinamiche del suo osservare il mondo che lo circonda. Il primo dipinto della serie materica è "Occhio", che si rifà alle sue indagini sul ritratto.

Come per i ritratti che realizza si ritrova sempre qualche particolare che lo contraddistingue, "Occhio" rappresenta, dunque, se stesso. Attraverso l'uso del rosso e di colori fluorescenti cerca di attirare l'attenzione, di mettere in risalto l'interiorità, di creare una relazione con l'esterno.